Happy recola del 19 giugno 2024 nella sede della comunità Greca di Messina.
Partecipanti: Marcello Aricò, Katia Tribulato, Gaetano Messina, Daniela De Domenico, Salvatore Rotondo, Ileana Padovano, Antonella Arena, Carlo Panzera, Ciccio Briguglio, Francesco Pagano, Antonella Rotondo, Filippo Cavallaro, Rosalba Cucinotta, Antonella Zangla, Gabriella Panarello, Maria De Carlo, Saro Spadaro, Alberto Borgia e altri non soci.
Marcello presenta il dottor Micalizzi (che ha già tenuto un Happyrecola il 7 gennaio scorso), ricercatore e appassionato conoscitore di Antonello da Messina e delle sue opere che parlerà del mondo di Antonello e, in particolare, del quadro “La crocifissione di Sibiu”.
Il dottor Micalizzi inizia dicendo che
il dipinto è una tempera e olio su una piccola tavola di legno di pesco di 39 x 22,5 cm custodito in Romania: fino al 1948 fu conservato nella città di Sibiu, in Transilvania, e oggi è a Bucarest, al Muzeul Naţional Brukenthal.
Venne portato in quella città a metà circa del 1800 dal governatore della regione, che probabilmente lo acquistò a Venezia dove si trovavano molte opere d’arte messinesi portate là da mercanti dopo il terremoto del 1783.
E una delle prime opere di Antonello, tornato a Messina , dove si sposò con una bellissima donna, intorno al 1454-1455 dopo un periodo di apprendistato a Palermo e a Napoli.
L’ambientazione è sul Golgota o Calvario, il luogo del teschio ( rappresentato in primo piano sotto la croce di Gesù). Secondo il simbolismo , il primo uomo, Adamo, che con il suo peccato aveva contaminato tutta l’umanità, fu sepolto sul Golgota e lì Cristo, il nuovo progenitore, con la sua morte ci leva dal peccato.
Una digressione sul toponimo Calvaruso , che con il suffisso “uso” indica una caratteristica del luogo, che significa sabbioso, pietroso infatti a Calvaruso si trova la preziosissima pietra poliparia,un fossile formato da coralli pietrificati. Altro toponimo è Dinnammare, derivato da dinnammarion , luogo arricchito da una dortifica, così come quella che c’è sulla cima di Mistretta, dove c’era un principe normanno .
Quest’opera , realizzata intorno al 1460 ,riprese iconograficamente i Calvari fiamminghi.
In primo piano si vedono cinque piante , del tipo raffigurato nei quadri di quel periodo, si tratta del Tasso Barbasso o Verbasco, detto anche Candelaria perché dal suo fiore seccato si ricava un stoppino utilizzato nei lumini votivi.
Ai piedi della croce si vedono Maria Maddalena, con i capelli lunghi ricadenti sulle spalle e con un vasetto di unguento , la Madonna, San Giovanni, Maria di Cleofe e Maria di Zebedeo.
Gesù sulla croce ha una posizione composta , a differenza di altre opere del periodo successivo in cui la morte è rappresentata in tutta sua crudezza e tragicità.
È da notare la ferita post mortem, da cui esce sangue e siero che cade in verticale senza sporcare il tessuto e arriva sulla gamba, ed ha una certa continuità con la ferita inferta precedentemente.
Alla destra di Cristo c’è Disma , il ladrone pentito e a sinistra Gesta sovrastato da un uccello nero, forse un corvo.
Entrambi hanno le mani legate in alto su un tronco e presentano sangue sotto le ginocchia.
Ai condannati che tardavano a morire veniva praticato il crucifigio che consisteva nella frattura dei femori per accelerare la morte, ma questo non era noto ad Antonello che rappresenta invece la rottura della tibia.
La morte in croce avviene verosimilmente per insufficienza respiratoria ed asfissia ed è evidente da come si presenta il torace gonfiato a botte, mentre l’addome e le viscere tentano di pompare sangue.
Cristo e Cosma sono appena spirati, mentre Gesta è ancora agonizzante. Sono evidenti le mani nere di Cosma, particolare significativo in un quadro di così piccole dimensioni.
Da notare il colore rosso dei capelli della Maddalena e di San Giovanni che rappresentano un elemento scenografico e iconografico tramandato nei secoli successivi almeno fino al 1700, quando si volle dare un aspetto diverso ai due perchè il capello rosso identifica una persona vivace e piena di spirito, tanto che anche ai nostri giorni si dice” chiddu pilu russu é”.
Nella parte centrale del quadro Antonello rappresenta in maniera amabilissima, con grande zelo ed attenzione la sua città, ma non é una rappresentazione fotografica.
Nel 1500 si usava rappresentare in un certo modo le città come “Gerusalemme celeste” , la città ideale, per ricordare quanto scrive Giovanni nel libro dell’Apocalisse quando parla di una nuova vita e un nuovo mondo.
Questo quadro fornisce la più antica rappresentazione realistica della città di Messina, risalente al 1456
È visibile perfettamente il Monastero basiliano del Santissimo Salvatore , rappresentato con molta precisione, , la torre di Sant’Anna, il Palazzo Reale, le mura normanne, la Matrice, la chiesa dei Catalani, il castello di Matagrifone, la torre della chiesa di San Francesco d’Assisi e la torre di San Raineri secondo una disposizione iconografica a chiocciola che si apre a ventaglio fino a perdersi nello spazio acqueo.
Sullo sfondo è visibile l’isola di Stromboli,che prende il nome dalla sua forma rotonda, rappresentata come un triangolo equilatero.
In effetti l’isola non è visibile da Messina, ma secondo una ipotesi, Antonello l’ha inserita perché ha voluto storicizzare e rendere noto il più carastrofico terremoto mai avvenuto in Italia, del 10/11°, che colpì in particolare la Campania e la Puglia nella notte tra il 4 e il 5 dicembre del 1456.
A Messina non fece particolari danni, ma tutti gli abitanti , incluso Antonello, furono traumatizzati dall’ evento.
In quella occasione il crollo in mare del costone nord occidentale dell’isola di Stromboli causò uno tsunami che distrusse il porto di Napoli.
Secondo uno studioso polacco che nel 1966 esaminò il dipinto e notò una deformazione del supporto, come se fosse stato esposto alternativamente all’aperto, la tavola potrebbe essere stata la parte alta del gonfalone di San Michele dei disciplinanti di Messina, protettore dei terremoti, la cui chiesa era distante poche centinaia di metri dall’abitazione di Antonello, che lo dipinse dietro commissione pochi anni dopo il suo ritorno a Messina nel 1454.
Dopo l’ interessante, colta e appassionata relazione, il Presidente, per la parte Happy, ci ha fatto gustare due diversi piatti di ottimo riso.
Partecipanti: Marcello Aricò, Katia Tribulato, Gaetano Messina, Daniela De Domenico, Salvatore Rotondo, Ileana Padovano, Antonella Arena, Carlo Panzera, Ciccio Briguglio, Francesco Pagano, Antonella Rotondo, Filippo Cavallaro, Rosalba Cucinotta, Antonella Zangla, Gabriella Panarello, Maria De Carlo, Saro Spadaro, Alberto Borgia e altri non soci.
Marcello presenta il dottor Micalizzi (che ha già tenuto un Happyrecola il 7 gennaio scorso), ricercatore e appassionato conoscitore di Antonello da Messina e delle sue opere che parlerà del mondo di Antonello e, in particolare, del quadro “La crocifissione di Sibiu”.
Il dottor Micalizzi inizia dicendo che
il dipinto è una tempera e olio su una piccola tavola di legno di pesco di 39 x 22,5 cm custodito in Romania: fino al 1948 fu conservato nella città di Sibiu, in Transilvania, e oggi è a Bucarest, al Muzeul Naţional Brukenthal.
Venne portato in quella città a metà circa del 1800 dal governatore della regione, che probabilmente lo acquistò a Venezia dove si trovavano molte opere d’arte messinesi portate là da mercanti dopo il terremoto del 1783.
E una delle prime opere di Antonello, tornato a Messina , dove si sposò con una bellissima donna, intorno al 1454-1455 dopo un periodo di apprendistato a Palermo e a Napoli.
L’ambientazione è sul Golgota o Calvario, il luogo del teschio ( rappresentato in primo piano sotto la croce di Gesù). Secondo il simbolismo , il primo uomo, Adamo, che con il suo peccato aveva contaminato tutta l’umanità, fu sepolto sul Golgota e lì Cristo, il nuovo progenitore, con la sua morte ci leva dal peccato.
Una digressione sul toponimo Calvaruso , che con il suffisso “uso” indica una caratteristica del luogo, che significa sabbioso, pietroso infatti a Calvaruso si trova la preziosissima pietra poliparia,un fossile formato da coralli pietrificati. Altro toponimo è Dinnammare, derivato da dinnammarion , luogo arricchito da una dortifica, così come quella che c’è sulla cima di Mistretta, dove c’era un principe normanno .
Quest’opera , realizzata intorno al 1460 ,riprese iconograficamente i Calvari fiamminghi.
In primo piano si vedono cinque piante , del tipo raffigurato nei quadri di quel periodo, si tratta del Tasso Barbasso o Verbasco, detto anche Candelaria perché dal suo fiore seccato si ricava un stoppino utilizzato nei lumini votivi.
Ai piedi della croce si vedono Maria Maddalena, con i capelli lunghi ricadenti sulle spalle e con un vasetto di unguento , la Madonna, San Giovanni, Maria di Cleofe e Maria di Zebedeo.
Gesù sulla croce ha una posizione composta , a differenza di altre opere del periodo successivo in cui la morte è rappresentata in tutta sua crudezza e tragicità.
È da notare la ferita post mortem, da cui esce sangue e siero che cade in verticale senza sporcare il tessuto e arriva sulla gamba, ed ha una certa continuità con la ferita inferta precedentemente.
Alla destra di Cristo c’è Disma , il ladrone pentito e a sinistra Gesta sovrastato da un uccello nero, forse un corvo.
Entrambi hanno le mani legate in alto su un tronco e presentano sangue sotto le ginocchia.
Ai condannati che tardavano a morire veniva praticato il crucifigio che consisteva nella frattura dei femori per accelerare la morte, ma questo non era noto ad Antonello che rappresenta invece la rottura della tibia.
La morte in croce avviene verosimilmente per insufficienza respiratoria ed asfissia ed è evidente da come si presenta il torace gonfiato a botte, mentre l’addome e le viscere tentano di pompare sangue.
Cristo e Cosma sono appena spirati, mentre Gesta è ancora agonizzante. Sono evidenti le mani nere di Cosma, particolare significativo in un quadro di così piccole dimensioni.
Da notare il colore rosso dei capelli della Maddalena e di San Giovanni che rappresentano un elemento scenografico e iconografico tramandato nei secoli successivi almeno fino al 1700, quando si volle dare un aspetto diverso ai due perchè il capello rosso identifica una persona vivace e piena di spirito, tanto che anche ai nostri giorni si dice” chiddu pilu russu é”.
Nella parte centrale del quadro Antonello rappresenta in maniera amabilissima, con grande zelo ed attenzione la sua città, ma non é una rappresentazione fotografica.
Nel 1500 si usava rappresentare in un certo modo le città come “Gerusalemme celeste” , la città ideale, per ricordare quanto scrive Giovanni nel libro dell’Apocalisse quando parla di una nuova vita e un nuovo mondo.
Questo quadro fornisce la più antica rappresentazione realistica della città di Messina, risalente al 1456
È visibile perfettamente il Monastero basiliano del Santissimo Salvatore , rappresentato con molta precisione, , la torre di Sant’Anna, il Palazzo Reale, le mura normanne, la Matrice, la chiesa dei Catalani, il castello di Matagrifone, la torre della chiesa di San Francesco d’Assisi e la torre di San Raineri secondo una disposizione iconografica a chiocciola che si apre a ventaglio fino a perdersi nello spazio acqueo.
Sullo sfondo è visibile l’isola di Stromboli,che prende il nome dalla sua forma rotonda, rappresentata come un triangolo equilatero.
In effetti l’isola non è visibile da Messina, ma secondo una ipotesi, Antonello l’ha inserita perché ha voluto storicizzare e rendere noto il più carastrofico terremoto mai avvenuto in Italia, del 10/11°, che colpì in particolare la Campania e la Puglia nella notte tra il 4 e il 5 dicembre del 1456.
A Messina non fece particolari danni, ma tutti gli abitanti , incluso Antonello, furono traumatizzati dall’ evento.
In quella occasione il crollo in mare del costone nord occidentale dell’isola di Stromboli causò uno tsunami che distrusse il porto di Napoli.
Secondo uno studioso polacco che nel 1966 esaminò il dipinto e notò una deformazione del supporto, come se fosse stato esposto alternativamente all’aperto, la tavola potrebbe essere stata la parte alta del gonfalone di San Michele dei disciplinanti di Messina, protettore dei terremoti, la cui chiesa era distante poche centinaia di metri dall’abitazione di Antonello, che lo dipinse dietro commissione pochi anni dopo il suo ritorno a Messina nel 1454.
Dopo l’ interessante, colta e appassionata relazione, il Presidente, per la parte Happy, ci ha fatto gustare due diversi piatti di ottimo riso.
———— Messaggio inoltrato ———— |
DA: amcba@libero.it |
A: amcba@libero.it, |
DATA: 4 Dicembre 2024 13:53:04 UTC |
OGGETTO: |
Il messinese che tutto il mondo ci invidia
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