Trekking urbano a Siracusa del 3 giugno 2024Presenti :Marcello Aricò, Santino Cannavó, Filippo Cavallaro, Rosalba Cucinotta, Carmelo Geraci, Letizia Inferrera, Marcella De Francesco, Simone Cappello, Ciccio Briguglio, Alberto Arena, Rosario Spadaro, Stefania Daví, Chiara Calarco,Giovanna Mangano, Danila Castiglione, Franco La Maestra. Appuntamento alla stazione alle 7,00. I biglietti erano già stati acquistati nei giorni scorsi dal nostro Presidente per avere uno sconto di gruppo e siamo andati al binario. Prima della partenza da Messina, prevista ,alle 7,26, cambio del treno RV perché su quello previsto non c’era nessun bagno funzionante.Al controllo dei biglietti la capotreno ha contestato a Marcella la mancanza del libretto sanitario del suo cane Yuri, il che avrebbe dovuto comportare la sua discesa dal treno alla stazione successiva. Il contrattempo è stato superato perché, via WhatsApp, le sono stati inviati. Risolto questo problema “Buona domenica” ha pensato che offrendo l’usuale spillino della attività odierna avrebbe potuto avvicinarsi alla pettorina del taschino sinistro della capotreno.Arrivo a Siracusa, in orario, alle 10:00. Sosta caffè, scaglionato su tre bar e cambio acqua che ha spesso ha richiesto attese e sobbalzi a gambe strette.Alle 10,45 arrivo al ponte di Ortigia e dopo tre quarti d’ora di camminata vicoli vicoli, arrivo al castello Maniace.Fuori dal castello, di fronte al mare, si erge la grande scultura alata di Igor Mitoraj, già apparsa negli ultimi anni in tutto il mondo, esposta nel 2021 sulla bellissima scalinata della cattedrale di Noto.Mentre Filippo, Rosalba, Carmelo, Letizia e Rosario, che avevano già visitato il castello, restavano ad oziare nei pressi della statua, il resto del gruppo è andato a visitare il castello Maniace (in dialetto castello Maniaci), uno dei più importanti monumenti del periodo svevo a Siracusa e uno tra i più noti castelli federiciani.Lo stile del castello è Gotico imperiale siculo-svevo, alto 12 metri (18 in origine), costruito in pietra tra il 1232 e il 1239 da Riccardo da Lentini e il primo proprietario fu Federico II di Svevia. Dopo recenti lavori di restauro é in ottimo stato di conservazione, ebbe funzione strategica difensiva e di residenza reale e imperiale. La funzione strategica terminò sul finire del secolo scorso. Fu danneggiato nei terremoti del 1549 e del 1693 e il 5 novembre 1704, a causa di un fulmine, ci fu l’esplosione della polveriera che conteneva 30 tonnellate di polvere da sparo con conseguente distruzione di alcune parti dell’edificio.Il castello prende il nome dal comandante bizantino Giorgio Maniace che, nel 1038, rinforzò delle strutture militari ivi esistenti durante la sua campagna contro gli arabi. Nel corso dei secoli vennero aggiunte altre strutture per la collocazione di artiglierie, quali la batteria Vernazza, per la difesa del porto.Intorno alle 12,30 visita agli ipogei della Giudecca a piazza San Filippo Apostolo, luogo interessantissimo, illustrato da una guida molto preparata, che ha ospitato durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale anche 10.000 siracusani. Alle 13,30 visita del mercato, con le caratteristiche bancarelle di spezie dai vari odori e colori, e pranzo a piccoli gruppi.Il gruppo formato da Danila, Rosalba, Alberto, Franco e Filippo ha preso un piatto di fritto siciliano servito al tavolo da una elegante cameriera di nome Nicole, mentre gli altri hanno mangiato all’impiedi un coppo di frittura . Ritornati tutti insieme, l’enciclopedico Filippo ha raccontato di alcuni personaggi che vissero ad Ortigia da Platone, che criticava l’abitudine siracusana di fermarsi per dedicarsi ai tre pasti e che, assieme ad altre critiche, portò Gerone a deportarlo via dalla città. Poi di Pindaro, Saffo, Archimede e la storia del martirio di Lucia che non ebbe mai offesa agli occhi ed il cui corpo ebbe una sepoltura segreta e poi venne trafugato dai bizantini per impedirne il sacrilegio saraceno, e rubato da Costantinopoli da due differenti incursioni, una veneziana ed una francese, per cui oggi ci sono due corpi uno a Venezia ed uno a Metz.Nel pomeriggio passaggio dalla Fonte Aretusa. Danila, Franco, Rosario si sono fermati a riposare alla villa comunale, Giovanna ha deciso di andare a visitare la chiesa che custodisce il Caravaggio su Santa Lucia, ed il resto della compagnia è andato a visitare il santuario della Madonna delle lacrime.Alle 17.30 ricompattato il gruppo diretto verso la stazione e preso il treno RV per Messina delle 18,15 arrivato in città alle 21,08.GRAZIE A FILIPPO CHE CON LE SUE NOTE MI HA PERMESSO DI REDIGERE QUESTO DIARIO QUI le foto
Preescursione alla Polveriera di Campo Italia e al Forte Masotto
Escursione alla ex polveriera di Campo Italia del 19 maggio 2024 .Appuntamento alle 8,00 all’edicola di via Palermo.Presenti :Marcello Aricó, Carlo Panzera, Alberto Borgia, Angela Paratore, Bruno Manfrè.Partenza verso l’Annunziata alta dove abbiamo preso Carmelo Geraci che ci aspettava sotto casa. Alle 8,20 parcheggiate le macchine fuori uno degli ingressi della ex polveriera e lenta camminata tra gli edifici abbandonati e gli alberi distrutti dall’incendio della scorsa estate. Il commento di tutti noi è che un’area così vasta, in un luogo bellissimo, dovrebbe essere adeguatamente ristrutturata e resa fruibile alla cittadinanza. Ormai quasi tre anni fa il Comune aveva dichiarato che avrebbe cercato di acquisire l’area insieme a Forte Spuria, ma non sembra che i fatti stiano confermando le belle parole.Quasi tutti gli edifici sono stati vandalizzati, l’area è utilizzata come pista per le moto da cross e per teatro di “battaglie” per gli appassionati di softair e qualche edificio, dove si vedono segni di una relativa pulizia, è probabilmente utilizzato per incontri.Alle 9,15 siamo arrivati al cancello di ingresso al Tiro a segno, Carmelo si è accorto che era aperto e siamo entrati. Si vede che la struttura non è utilizzata da tempo e ci siamo accomodati per una sosta caffè e dolce offerto dalla famiglia Manfrè. Al ritmo di “Valentina”, una pseudo canzone del rapper messinese “Canazzo” abbiamo fatto una foto per immortalare il luogo.Alla ricerca dell’accesso al forte Masotto siamo arrivati ad un edificio dove c’era parcheggiato un furgone, siamo entrati e abbiamo incontrato una persona che, insieme ad altri stava lavorando al ripristino del locale dove si spara con le pistole, completamente distrutto dall’incendio di fine luglio. Ci raccontava che non era stato possibile fare niente per evitare il disastro. Il tiro a segno nazionale è gestito dal Ministero degli interni ed è utilizzato, oltre che da appassionati, anche dalla Polizia e dalle Guardie giurate. Ci spiegava che c’è la possibilità di provare a sparare registrandosi in segreteria. I lavori dovranno essere completati entro il 20 giugno.Seguendo le indicazioni del nostro interlocutore siamo tornati indietro e costeggiando il muro della recinzione su un sentiero percorribile solo perché la vegetazione distrutta dall’incendio non è ancora impenetrabile, siamo arrivati, alle 9,50, al monumentale ingresso principale del forte, chiuso da una alta cancellata di ferro.Il forte Masotto è la più vecchia opera messinese del periodo umbertino, è seconda per dimensioni soltanto ad altre fortificazioni che appartengono ad anni precedenti. Da evidenziare lo spettacolare panorama che offre il luogo in cui sorge e che spazia da nord ovest a sud est, dalle isole Eolie fino a capo di Pellaro in Calabria, da Punta Faro e tutto lo stretto di Messina.La batteria Masotto è una vera fortezza, in quanto si distingue per dimensioni da tutte le opere Umbertine. La struttura adibita principalmente a polveriera (suo nome originario) fu palcoscenico di una grave sciagura: una tremenda esplosione uccise più di 20 soldati colti dall’ improvvisa deflagrazione. Le vittime dell’immane tragedia sono ricordate da un monumento che si trova all’interno del cimitero monumentale di Messina.Forte Masotto sorge a nord della città sul territorio di Curcuraci (toponimo che deriva dall’arabo Kurkur: aci, cioè territorio fortificato), panoramico villaggio collinare situato tra i villaggi di Faro Superiore, le Masse, Castanea. Nella stessa area, e comunque poco distanti tra loro, si possono ammirare diverse strutture fortificate di tre epoche storiche diverse, e di diverse dimensioni e funzione.Vi sono infatti ben 3 batterie Umbertine di fine 800 (Menaia/Crispi, Serra la Croce e Polveriera/Masotto) ed un’area fortificata, l’antico Campo Inglese, edificato agli inizi dell’ 800 e soppiantato dall’ex deposito munizioni dell’Esercito. Nella zona circostante si possono notare inoltre 18 bunker o casematte di varie tipologie.Forte Masotto è molto più grande di tutte le strutture Umbertine coeve. La superficie è stimabile in poco più di 4000 mq, mentre l’altezza equivale a quella di un palazzo di 4 piani.Quest’opera ha subito nel tempo lavori di ristrutturazione sia esterni che interni e all’interno dei piani nel fossato si può ancora notare l’impianto di aerazione moderno mentre all’esterno è ancora visibile la più recente griglia metallica parafulmine.La batteria Masotto si distingue anche per una serie di caratteristiche,tra cui gli ingressi, che sono due contro l’unico delle altre batterie Umbertine.La batteria è composta da 3 livelli principali a scaloni, tra i quali si inseriscono altri piani intermedi collegati tra di essi. E’ possibile salire o scendere a piacimento attraverso scale e cunicoli che permettono di girare liberamente all’interno della fortezza. I piani interni sono collegati tramite diverse scale e tunnel con i piani superiori.Per numero di obici (10), è la più munita in assoluto.Nel tentativo di trovare una via di accesso alternativa abbiamo tentato di costeggiare il fossato, ma i rovi, anche se non altissimi, ci hanno dissuaso a perseguire.Alle 10,15 abbiamo fatto dietrofront e, con calma, siamo tornati indietro, raggiungendo, alle 11,15 circa, un punto panoramico che domina tutto lo Stretto. Purtroppo la visibilità era scarsa per la foschia, nonostante soffiasse un impetuoso vento di maestrale.Dopo una foto di gruppo, alle 11,30 siamo arrivati alle macchine. Percorso totale stimato circa sette chilometri.Angela, Bruno e Carmelo sono tornati dalla stessa strada dell’andata, mentre l’altro equipaggio, per indicare ad una ragazza la strada per raggiungere il Faro, ha attraversato la polveriera ed ha raggiunto la strada provinciale Masse – Curcuraci proseguendo per contrada Marotta. Qui ci siamo fermati nel piccolo appezzamento di terreno che Marcello e Antonio Zampaglione hanno coltivato per qualche tempo e abbiamo raccolto le more di gelso di un piccolo albero.Arrivo a casa alle 12,15.Anche questo percorso si presta bene per un futuro bus – trekking.
Trekking notturno a Croce Cumia del 17 maggio 2024
Trekking notturno a Croce Cumia del 17 maggio 2024. Appuntamento alle 20,00 all’Immacolata.Presenti:Marcello Aricò, Franco Mastroeni, Carlo Panzera, Carmelo Geraci, Arturo Lucà Trombetta, Ciccio Briguglio, Sebastiano Occhino, Carmen Borgia, Alberto Borgia. Alle Quattro Strade ci siamo incontrati con Bruno Manfrè, Angela Paratore, Vittorio Manfrè,Giancarlo Santamaria, Marisa Santamaria, Tonino Seminerio e Giusy Quartaronello.Arrivati in gruppo a Croce Cumia abbiamo parcheggiato nello slargo davanti al cancello del vivaio Ziriò e qui ci ha raggiunti Santino Cannavó. Alle 20,50 ci siamo messi in marcia sulla strada provinciale verso le Quattro Strade e dopo qualche centinaio di metri abbiamo imboccato, sulla destra, una sterrata in costante discesa verso il vallone di Bordonaro. La serata è particolarmente calda e qualcuno è rimasto solo con la maglietta. Luna in fase crescente, offuscata dalle nuvole, ma ottima visibilità su tutto il bellissimo Stretto e con la spettacolare vista del porto. Alle 21,40 siamo arrivati ad un’area attrezzata della Forestale dove c’è un tavolo con panche, il posto dove poter fare una grigliata, una fontana e una costruzione in buone condizioni, con il pavimento in terra battuta e un grande camino, chiusa con una porta di ferro, utilizzata per deposito di legna. Consumata la cena, innaffiata dal buon vino portato da Marcello e Carmelo, in una piacevole atmosfera di condivisione. Alle 22,25 abbiamo ripreso il cammino, tutto in salita, per tornare alle macchine, gli ultimi trecento metri di strada, diversa da quella percorsa all’andata sono stati in ripida salita, ma ci hanno condotto direttamente ai ruderi di Croce Cumia dove avevamo parcheggiato.Percorso complessivo di circa cinque chilometri. Arrivo a casa alle 24:00. qui alcune foto
Escursione al fiume Manghisi
5 maggio splendida giornata di soleEscursione al Fiume Manghisi insieme ad Architrekking del 5 maggio 2024.Appuntamento alle ore 7,00 all’ImmacolataPresenti : Marcello Aricò, Carlo Panzera, Carmelo Geraci, Franco Mastroeni, Mario Sibilla, Flavia De Carlo, Maria De Carlo, Saro Spadaro, Marcella De Francesco, Manuela Scarcella, Stefania Daví, Serena Policastro, Giuseppe Spanó, Francesco Pagano, Santinella Rotondo, Maria Luisa Inferrera, Sebastiano Occhino, Danila Castiglione, Daniela De Domenico, Gaetano Messina, Roberto Raco, Rosalba Fera, Marcella Fucile, Franco Privitera, Alberto Borgia, Maria Scandinaro + 26 associati ad Architrekking.Partenza alle ore 7,20 con il pullman di Giuntabus, arrivo al casello di Catania alle 8,15.Alle 8,40 sosta alla stazione di servizio di Lentini, prevista partenza alle 9,00, effettiva 9,15.Alle 9,40 uscita dall’autostrada allo svincolo per Canicattini Bagni e imboccata la mare monti. Arrivo al chilometro 16,5 della SS 289 Palazzolo – Noto alle 10,10 e alle 10,15 ci siamo messi in marcia in direzione Masseria degli ulivi. La presenza di tanti partecipanti faceva pensare sin dall’inizio ad una velocità di marcia sicuramente inferiore a quella prevista. Alberto è andato in testa alla colonna e Marcello chiudeva la fila. Superate le prime cave di pietra ancora attive di Serra Porcari, abbiamo imboccato la sterrata a sinistra passando davanti ad una bella casa isolata. Proseguendo siamo arrivati, alle 10,55, ad una pirera che al posto di uno desolante spettacolo di una cava abbandonata offre un panorama piacevole e inatteso: una sorta di enorme stagno sommerge per parecchi metri il fondo della cava, mentre grosse macchie di vegetazione si specchiano sulla sua superficie verde bottiglia. Le increspature di una leggera brezza e le vibrazioni luminescenti prodotte dal sole danno la sensazione che il luogo abbia una vita propria e il volo di decollo di un’anatra conferma questa impressione.Spostata la rete di delimitazione siamo entrati per affacciarci prudentemente dai suoi pericolosi bordi e fotografare da più vicino questo luogo bellissimo e inquietante. Per proseguire, poiché il sentiero originario, che si snoda tra muretti a secco é invaso completamente dalla vegetazione ed è impraticabile, abbiamo dovuto costeggiarlo passando in campi di seminativo tra vaste distese di margherite e pavaveri, la cui vista rallegra il cuore, e dopo una ventina di minuti siamo arrivati ad una chiusa e alla stradella asfaltata proveniente (da sinistra ) dalla frazione di Villa Vela. Seguendo la strada, che dopo pochi metri diventa sterrata e che per un tratto costeggia il muro a secco di recinzione di una fabbrica di lavorazione della pietra da taglio, dopo una curva a destra la trazzera si incassa in una stretta macchia di arbusti e il fondo, da soffice, diventa irregolare e roccioso fino a quando si giunge ad un bivio. Svoltando a sinistra ci si immette su un’altra sterrata dal fondo piano e regolare, fiancheggiata da alberi e arbusti, tra campi disabitati e fuori dal tempo, fino ad arrivare, alle 11,35, alla strada provinciale 4 per Avola Antica (la stessa che dopo qualche chilometro conduce alla località Belvedere, punto di accesso ai laghetti di Cava Grande del Cassibile).Oltrepassando la strada, sul lato destro, c’è una edicola votiva con l’immagine su piastrelle di cwramica di una Madonna con il bambino. Si imbocca, dopo avere aperto una chiusa, una piccola trazzera che taglia una campagna non meno solitaria della precedente e altrettanto suggestiva.Poco oltre, a sinistra, si erge una bellissima masseria restaurata con gusto, oggi chiusa e probabilmente utilizzata prevalentemente nei periodi estivi.Il sentiero continua, ma, subito dopo un filo spinato teso ad una altezza di circa un metro, diventa irregolare, stretto, roccioso, cinto da una fitta boscaglia fino a che si sopraggiunge davanti all’orlo di una grande gola, tortuosa e densa di verde.Da qui si vede la parete opposta su cui spicca la sagoma di una masseria.Il sentiero che scende si è trasformato in una stretta pista sassosa e irregolare che si incassa nella nuda roccia dei costoni, tra rigogliose macchie di vegetazione di specie diverse che costringe ad avanzare con cautela.Lentamente giungiamo in prossimità del fondo della cava e prendiamo la pista a destra che costeggia il fiume, non visibile a causa della lussureggiante vegetazione, fino ad arrivare, alle 12,20 ad un guado.Tolte scarpe e calze si entra nelle fresche acque del fiume e dopo una decina di metri si raggiunge la riva opposta.Il luogo è particolarmente bello e merita una visita approfondita, (nelle vicinanze c’è anche una chiesa rupestre del periodo bizantino), ma purtroppo il poco tempo a disposizione permette di proseguire tra la fitta vegetazione solo per poche centinaia di metri per raggiungere, superando un brevissimo tratto a strapiombo sul fiume, alle 13,00 circa, un profondo e ampio laghetto, ideale per fare i bagni in estate.Tornati indietro dalla stessa strada e riattraversato il guado, alle 13,30 riprendiamo il cammino, ma, invece di risalire dal sentiero che arriva all’edicola votiva, abbiamo seguito una trazzera più ampia che gradualmente sale di quota e permette di spaziare lo sguardo sulla ampia cava.Alle 13,50 raggiunta la strada che, a sinistra si collega alla provinciale n. 4 e alla Casa della Pompa. Presa la strada a destra, che dopo poche decine di metri, attraversata una alta recinzione metallica e un grande cancello entra nella proprietà del santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa.Un ripida e breve discesa con il fondo in cemento conduce, dopo una quindicina di minuti, sul fondo della cava. Anche qui gli scenari sono splendidi, il fiume scorre placidamente nel senso contrario da quello a valle perché fa un’ampia ansa intorno a una grande formazione rocciosa. Nella parte in cui si attraversa il fiume sopra una passerella, diverse rocce sono state scolpite ricavando originali mascheroni che contribuiscono a rendere “magico” un luogo unico dove la bellezza della natura dà un senso di pace e serenità.Purtroppo il luogo è accessibile anche con le auto e quando siamo arrivati c’erano due macchine parcheggiate e un terzo SUV è arrivato poco dopo. Fatta la sosta per consumare il pranzo sulla riva del fiume e per andare in giro. Dopo un po’ di riposo, alle 15,10 abbiamo affrontato la ripida salita. Arrivati all’ingresso della
Via Francigena. Quinto e ultimo giorno
24 aprile Quinto giorno. Da villa Kairos ad Agrigento La descrizione dettagliata del percorso da Joppolo Giancaxio ad Agrigento è alle pagine 90 e 91 della Guida. Dopo un sonno ristoratore stamattina ci siamo alzati con calma per affrontare l’ultima tappa. Il cielo è plumbeo e fa freddo per cui salta l’idea di fare il bagno in piscina prima della partenza. Fatte le abluzioni scendiamo in cucina dove Vincenzo e sua moglie hanno preparato quanto necessario per una colazione ottima e abbondante. Tra i piatti preparati ci sono anche le uova strapazzate che Antonio ha apprezzato in sostituzione della omelette di cui è ghiotto. Alle 9,20 zaini in spalla, foto di gruppo davanti alla villa e in marcia per la via Francigena distante circa 500 metri. Dopo venticinque minuti su una strada in leggera salita abbiamo raggiunto la strada proveniente da Joppolo dove una colonnina indica la direzione per Agrigento, distante 8 chilometri e quella per Palermo, distante 176 chilometri. Ancora una volta Vincenzo ha dimostrato la sua grande disponibilità accompagnando in macchina Giuseppe che ha fatto compagnia ad Antonio che aveva dimenticato il telefonino alla villa. Iniziata la discesa verso il fondo valle dove si scorgevano i tre ragazzi compagni di strada. Intorno alle 9,50 ha iniziato a piovere a “zuppa viddranu” e quindi ci siamo attrezzati con giacche impermeabili, tranne Alberto che ha aperto l’ombrello e lo ha utilizzato per tutto il percorso. Per un tratto di strada ci ha accompagnati un bel cane bianco al quale Antonio ha dato da mangiare un panino e Marcello la scatola di trippa che stamattina abbiamo ritrovato. Per quasi un chilometro abbiamo costeggiato le opere di canalizzazione di un invaso vuoto che, secondo un cartello, dovrebbe essere messo in esercizio a breve. Ancora una volta c’è da riflettere amaramente su quante cose non vanno in Sicilia :ad Agrigento sono con l’acqua razionata e non si è capaci di fare neanche quanto è possibile. Alle 10,15 siamo arrivati ad un incrocio con la strada statale, molto trafficata, e una provinciale che abbiamo imboccato. Anche in questo incrocio la segnaletica della MVF dovrebbe essere migliorata. Dopo un’altra ora di cammino sulla strada asfaltata sotto la pioggia incessante,alle 11,20 abbiamo preso una strada in salita che si inoltra nel bosco. Giuseppe, che mal sopporta pioggia e fango, ha applicato il “Protocollo Zampaglione” ed ha trovato un passaggio per Agrigento. La strada è in buona parte in salita, la pioggia ha reso il fondo viscido e fangoso, e così abbiamo avuto il sigillo sul cammino, che, secondo Antonio, non è completo se manca la pioggia ed il fango. Arrivati sulla strada asfaltata l’abbiamo seguita per un brevissimo tratto e poi le indicazioni della MVF ci hanno fatto deviare nuovamente in una pista, dentro al bosco dell’Addolorata, che continua con una grande scalinata, tenuta malissimo, che finalmente arriva alle porte della città. Per arrivare alla nostra meta, la Cattedrale, dove ci aspettava Giuseppe, abbiamo dovuto percorrere un altro tratto in salita, con numerosi scalini e finalmente, alle 13,00 siamo arrivati alla cattedrale di San Gerlando e San Giacomo dove ci aspettava Giuseppe. Il biglietto per la visita della cattedrale e di altre strutture annesse costa sette euro, ma se si ottiene il “Testimonium” che costa cinque euro si può accedere. Siccome eravamo tutti inzuppati e infreddoliti abbiamo deciso di raggiungere subito la stazione ferroviaria. Sotto il cartello dell’ultima tappa abbiamo fatto la foto del gruppo e siamo andati a fare timbrare le credenziali. Qui Alberto ha ritirato il Testimonium e quindi abbiamo preso la strada che passa nel centro storico e conduce alla stazione che, nonostante la pioggia, era piena di turisti. Fatta la foto con Camilleri alle 13,45 siamo finalmente arrivati alla stazione di Agrigento Centrale dove abbiamo improvvisato un involontario spogliarello per cambiarci gli abiti completamente inzuppati dopo più di tre ore di pioggia incessante. Viste le condizioni meteo che rendevano impossibile visitare la città, abbiamo deciso di anticipare il rientro prendendo il treno per Palermo delle 14,15 grazie alla disponibilità del capo treno che, molto pazientemente, ha atteso l’arrivo di tutti noi prima di dare il segnale di partenza. Arrivati a Termini Imerese abbiamo acquistato qualcosa da mangiare in un locale di fronte alla stazione e qui abbiamo preso il treno per Messina, grazie all’intervento diplomatico di Giuseppe che ha “ammorbidito” il capo treno che inizialmente voleva attenersi scrupolosamente al regolamento e non voleva farci salire perché il treno per cui avevamo il biglietto era uno successivo e non avevamo fatto il cambio per tempo. Il viaggio per Messina è stato tranquillo, inizialmente il treno era pieno e qualcuno ha preso posto nei sedili reclinabili, ma dopo S. Agata di Militello si sono liberati posti a sedere per tutti. Accanto a Carmelo c’era seduto un signore diretto a La Spezia, interessato alla nostra esperienza e così, anche a lui sono state regalate le spillette. L’arrivo a Messina alle 19,30 ha concluso questa bellissima esperienza. Ringrazio ancora tutti per la piacevolissima compagnia e la disponibilità dimostrata in ogni momento che ha permesso di vivere momenti di comunità indimenticabili. Un ringraziamento particolare alla dolce Stefania che si è integrata con naturalezza e spontaneità in un gruppo di anziani più o meno scorbutici dispensando sorrisi nei momenti di difficoltà. Infine, come dice Antonio, un encomio ufficiale e solenne al Direttore Tecnico Giuseppe per la preziosa, scrupolosa e professionale attività di ricerca dei B&B, la pianificazione delle tappe e l’impegno di navigatore per tutto il Cammino.
Via Francigena Quarto giorno
23 aprile sole Quarto giorno Da Grotte a Joppolo GiancaxioLa descrizione accurata del percorso è riportata nelle pagine 85 e seguenti della Guida. Dopo aver fatto colazione al bar Marconi, sotto al B&B e timbrate le credenziali, alle 8,00 ci siamo messi in marcia attraversando il paese di Grotte.Alle 8,45 siamo arrivati in contrada Lumia,( 502 m. s. l. m.) e abbiamo seguito la strada indicata dal cartello della MVF che dà il paese di Comitini distante 6,45 chilometri.Dopo alcune decine di metri abbiamo trovato un abbeveratoio con una lapide che dice “QUANTU È DUNCI L’ACQUA DI LA MANNIRA CA ‘NSINA SANTA VINNIREDDRA SI LA VIPPI”. La trazzera corre in discesa tra vigneti e uliveti fino a collegarsi con la strada provinciale che si segue per qualche centinaio di metri. Alla indicazione successiva abbiamo imboccato la strada sterrata a destra, in salita passando, alle 9,20, accanto alla “Petra di Calathansuderj” spettacolare rupe calcarenitica lunga 70 m, larga 40 m e alta 30 metri, che si eleva solitaria e improvvisa tra le dolci colline di questa parte di Sicilia. Fu sede di un villaggio preistorico alle sue pendici, testimoniato dalle numerose tombe a forno.Ma la straordinarietà del sito è il complesso di vani e gallerie a quattro livelli, tra loro spesso collegati, realizzati durante il periodo bizantino (VI secolo d.C.), circa.Stanze, magazzini, silos, cisterne e stalle si aprono lungo tutto il perimetro di questa singolare formazione.Intorno alla rupe si raccolgono frammenti di ceramica databili dall’età del bronzo fino al basso medioevo che fanno propendere per l’ipotesi di una lunga occupazione. La “Petra” fu utilizzata come fortezza preposta al controllo del territorio e delle vie di comunicazione che lo attraversavano e questa funzione venne mantenuta anche nel periodo arabo, poi normanno e fino al XIII secolo. Non tutti gli accessi sono chiusi da inferriate, per cui siamo entrati a dare un’occhiata e scattare qualche foto. All’esterno si vedono i frammenti di una lapide, firmata dal sindaco di Comitini, fatta a pezzi da vandali che l’hanno tolta dal suo sostegno.Dopo una salita piuttosto impegnativa, alle 10,00 siamo arrivati sulla cresta della collina dove ci sono le pale eoliche. Da qui si gode di una vista spettacolare, con Comitini, Aragona e il mare da una parte e campi coltivati e colline dall’altra e in lontananza si staglia la mole del Monte di Cammarata. Appena arrivati Antonio e Marcello abbiamo ripreso a camminare, la strada da seguire fa una ampia curva a sinistra e scende gradualmente di quota passando nelle vicinanze dell’ ingresso di una miniera di zolfo e davanti ad un osservatorio astronomico abbandonato e svuotato di tutte le attrezzature, esempio, come tanti altri, di spreco delle risorse pubbliche. In questo tratto il fondo stradale è in cemento con inserti di travertino al centro e sul lato destro. Dopo un’ora circa dalla cresta, attraversato il passaggio a livello, Alberto e Giuseppe, in un momento di allegra goliardia (come talvolta accade durante le “camminate” fra amici) hanno improvvisato una corsetta di 100 metri. Hanno così incontrato alla fine del rettilineo in leggera discesa una simpatica signora del luogo che li festeggiava dicendo loro “arrivati primi a pari merito” Ci siamo quindi messi a chiacchierare della via Francigena con la signora Franca, ex dipendente comunale, che stava cercando il cane che le era scappato e le abbiamo chiesto in quale ristorante di Aragona sarebbe stato possibile gustare un piatto di spaghetti, che Marcello brama da ieri, e lei ci ha consigliato “Lo Spirdicchio” dandoci anche tutte le spiegazioni necessarie a raggiungerlo.Il Presidente le ha consegnato le spille come ricordo dell’incontro e dopo la foto, in pochi minuti siamo arrivati a Comitini “Terra dello zolfo e delle zolfare”. Ci siamo fermati per riposare un po’, prendere un caffè e timbrare le credenziali in un bar nella piazza principale, accanto al circolo dei pensionati. Dopo una mezz’ora abbiamo ripreso a camminare e alle 12,30 siamo arrivati in contrada della Pietra, a 1,4 chilometri da Aragona. Intanto Giuseppe aveva verificato che il ristorante era aperto e offriva un menù per il Pellegrino ad un prezzo speciale. Dopo altri dieci minuti abbiamo attraversato la strada molto trafficata, siamo passati nel sotto passaggio della ferrovia e finalmente, alle 13,05 siamo arrivati ad Aragona. Tralasciando tutte le indicazioni della MVF siamo andati direttamente al ristorante e alle 13,20 eravamo a tavola in attesa degli agognati spaghetti. Al prezzo di 18 euro abbiamo potuto gustare un abbondante antipasto misto, un ottimo piatto di spaghetti all’Aragona, con aglio, olio e granella di pistacchio e acqua. Dopo pranzo ci siamo messi a parlare con i due fratelli titolari del locale e anche a loro abbiamo lasciato le spille che hanno subito messo nel registro delle firme che abbiamo compilato anche noi. Dopo la timbratura abbiamo preso la strada verso Joppolo Giancaxio senza entrare in paese e seguendo le indicazioni che ci hanno dato ci siamo trovati subito vicino al cimitero sulla strada giusta. Dopo due ore di tranquillo percorso, in parte su strade asfaltate poco frrquentate e in parte in aperta campagna tra erba alta e fiori di campo, siamo arrivati alla periferia di Joppolo. La attenta pianificazione di Giuseppe aveva previsto che la meta di oggi fosse un B&B fuori dal paese circa 5 chilometri, in prossimità della MVF, in modo da accorciare l’ultima tappa ed avere il tempo per un bagno nella piscina prima della partenza e la visita di Agrigento domani . Anche oggi Antonio e Carmelo hanno messo in atto il “Protocollo Zampaglione” approfittando di una macchina che si era appena messa in moto dove eravamo fermi noi.Partiti i due autostoppisti, anche gli altri si sono messi in marcia. Giuseppe guidava, con l’ausilio di Google maps, verso la meta. Usciti dal paese abbiamo seguito la strada, praticamente sempre in discesa. Giuseppe, approfittando della complicità di Vincenzo, il titolare di villa Kairos, ha pensato di fare uno scherzo ad Antonio e Carmelo, facendo dire che la prenotazione non era per oggi, ma per domani e che il B&B era
Via Francigena Terzo giorno
22 aprile giornata di sole a SuteraTerzo giornoLa descrizione accurata del percorso è riportata alle pagine 78 e 79 della Guida. Sveglia intorno alle 7,00 e colazione nella sala da pranzo al pianterreno.Pietro aveva predisposto i tavoli anche per i Pellegrini che alloggiano negli altri suoi locali e mentre consumavamo una buona colazione sono arrivati Victor e Peter.Fatti gli zaini ci siamo messi in marcia insieme a loro alle 8,15, ma ad un certo punto, mentre loro proseguivano lungo la strada, abbiamo imboccato la salita che porta al Museo etnografico perché ieri sera avevamo visto le piastrelle indicatrici della MVF, ma abbiamo sbagliato e quindi, con l’aiuto dei locali, delle indicazioni della guida e di Google siamo arrivati alle porte del paese, dove si trova il cartello della Via Francigena, alle 8,50. Seguendo la strada provinciale asfaltata in discesa siamo arrivati, alle 9,20, al cartello stradale di Campofranco e dopo avere attraversato il paese seguendo le indicazioni di Giuseppe, che ha fatto da navigatore, alle 9,50 siamo arrivati alla piazza dove si trova la chiesa Madre e il Museo di storia dove, alle 9,50, insieme ad altri tre ragazzi (un palermitano e due oiemontesi) che stanno percorrendo la stessa nostra strada, abbiamo fatto apporre il timbro sulle nostre credenziali. Dopo una decina di minuti di strada in salita siamo arrivati ad una rotatoria che costeggia il cimitero. Qui la cartellonistica non è affatto chiara e ci siamo fermati per cercare di capire quale strada prendere. Grazie anche alle indicazioni di un locale abbiamo imboccato la trazzera di sinistra, in discesa,dopo aver scattato qualche foto affacciati alla ringhiera di un balcone fuori contesto. La strada nella parte iniziale costeggia abitazioni sparse e successivamente si inoltra in terreni non coltivati. Alle 10,25 abbiamo intercettato un sentiero con un cartello con la scritta DALE J DO PRZODU, che in polacco significa CONTINUARE AD ANDARE AVANTI e con il QR CODE dei Magazzini culturali ex oleificio di Milena. Continuando sulla strada nel fondo valle, dopo pochi minuti abbiamo fotografato il cartello dell’ area protetta di Monte Conca, una bellissima riserva naturale affidata in gestione dalla Regione Siciliana al Club Alpino Italiano-Sicilia. Il territorio si presenta profondamente modellato in superficie e nel sottosuolo a causa dell’azione dell’acqua, capace di “sciogliere” alcune rocce quali quelle gessose che affiorano ampiamente nel territorio della Riserva.Tale fenomeno ha fatto si che all’interno della montagna l’acqua nel corso dei millenni scavasse un’imponente sistema carsico sotterraneo, caratterizzato da due grotte: l’Inghiottitoio e la Risorgenza di Monte Conca.Il territorio dell’area protetta e quello adiacente ad altissima valenza, presentano rilevanti interessi sia dal punto di vista vegetazionale che faunistico. Si rinvengono ambienti molto diversificati (palustri, rupestri, aree boscate, corsi d’acqua, aree calanchive, etc.) a volte unici nel loro genere con una notevole biodiversità, con specie vegetali endemiche e specie animali a rischio estinzione.Questi ambienti sono frequentati da mammiferi quale la Volpe, il Coniglio, la Lepre, l’Istrice, il Riccio e la Donnola, da rettili come l’endemica Lucertola Siciliana e la Luscengola, diventando terreno di caccia di diversi rapaci come il Gheppio, la Poiana e la rarissima Aquila del Bonelli (noi però purtroppo abbiamo visto solo aculei di Istrice e uccelli non identificati) La vegetazione presenta specie appartenenti alla macchia mediterranea, alla Prateria, dove le espressioni più comuni sono caratterizzate dall’Ampelodesma e dalle molteplici specie di Orchidee, molte delle quali specie protette.Purtroppo il poco tempo a disposizione non ci ha permesso di sostare ed esplorare il territorio che sicuramente, per la bellezza e le peculiarità merita una visita dedicata.Alle 11,00 siamo arrivati al guado formato dal Torrente Gallo D’Oro, affluente del Platani, che, dopo le piogge dei giorni scorsi, è largo una quindicina di metri e profondo una quarantina di centimetri. Dopo esserci tolte scarpe e calze e rimboccati i pantaloni abbiamo attraversato, primo Il Presidente, poi Antonio e a seguire Carmelo, Alberto, Giuseppe e Stefania. Non ci sono stati problemi, ma abbiamo avuto bisogno dei bastoncini perché il fondo era molto fangoso e scivoloso. In caso di pioggia forte il guado è evitabile passando da un’altra strada che fa un giro molto più lungo al di fuori della riserva.Mentre ci stavamo rivestendo sono arrivati i due svizzeri e Victor, senza perdere tempo, è entrato in acqua con tutte le scarpe e quando ne è uscito non aveva nemmeno tracce di fango. Peter invece, metodicamente, si è cambiato le scarpe ed ha indossato quelle da fiume. Alle 11,30 abbiamo ripreso la via, in salita e alle 12,20 siamo arrivati all’ abbeveratoio del consorzio di Monte Salito a quota 317 m. s. l. m. dove ci siamo fermati una decina di minuti per rinfrescarci , riposarci e riempire le borracce. In questo punto arriva la strada proveniente da Campofranco che evita di attraversare il guado e parte il sentiero che, in un’ora, conduce alla cima di Monte Conca.Imboccata la trazzera di sinistra, in salita, e arrivati sulla strada asfaltata alle 13,05 e fatta foto di gruppo davanti ad un colorato cartello multilingue di benvenuto a Milena.Seguendo la strada siamo arrivati in paese e, poiché stamattina siamo partiti da Sutera senza viveri, siamo andati alla ricerca di un supermercato per acquistare qualcosa da mangiare. Data l’ora, però, i supermercati erano chiusi, ma fortunatamente ci hanno indicato un panificio, nella traversa della piazza con l’ufficio postale, aperto nonostante fossero le 13,40,dove abbiamo pranzato con pizza, arancini, schiacciata e pane e panelle. Durante la sosta Marcello si è soffermato a chiacchierare con il titolare del negozio che da anni cerca, inutilmente, di essere inserito nel circuito della MVF per il disinteresse delle istituzioni e, dopo avergli dato le nostre spille gli ha chiesto il biglietto da visita con l’impegno di sollecitare nelle sedi opportune la sua richiesta.Siamo andati via alle 13,50, ma prima, i simpatici coniugi ci hanno regalato tre forme di pane scanato e sei tranci di pizza.Arrivati al bar ad un incrocio dove abbiamo preso il caffè e fatto apporre il timbro sulle credenziali.Visti i fastidi alle gambe di Carmelo,Antonio si è offerto di attivare il
Via Francigena. Secondo giorno
21 aprile sole a CammarataSecondo giorno Sveglia a partire dalle 6,30 dopo una notte abbastanza tranquilla, nonostante il “concerto” per trombone e contrabbasso . Colazione buona, consumata nella cucina del B&B. Alle 8,15 abbiamo lasciato il Balcone sui Sicani e siamo usciti per andare a comprare qualcosa da mangiare al bar Sicilia prima di intraprendere il cammino. Stefania, Giuseppeed Alberto hanno fatto una deviazione fino alla torre del castello, dove si trova il Museo etnografico, ma era chiuso. La strada che conduce alla torre passa davanti al Municipio è curata e piena di foto che rappresentano vari punti specifici del circondario. Come detto ieri il paese ci ha colpiti per la cura, la pulizia e l’attenzione posta dai cittadini per rendere accogliente il bellissimo borgo.Alle 8,50 circa, dopo aver acquistato un pezzo di schiacciata e fatta la foto di gruppo davanti al cartello della sesta tappa a San Giovanni Gemini, abbiamo imboccato la via Francigena da San Giovanni Gemini a Sutera.La descrizione particolareggiata del percorso è alle pagine 73 e 74 della guida.Su una originale scalinata dipinta, in prossimità di un belvedere, Marcello, Antonio e Giuseppe si sono fatti fotografare prima di attraversare il paese. Seguendo la segnaletica, dopo meno di un chilometro, siamo arrivati ad un incrocio, non segnalato adeguatamente, ed abbiamo preso la strada a sinistra, in leggera salita per un centinaio di metri, che poi prosegue per circa due chilometri in ripida discesa mettendo a dura prova le ginocchia dei Pellegrini. La strada, con il fondo a volte sconnesso, attraversa campi coltivati a seminativo, oliveti e frutteti ben tenuti, costeggiando la rete fognaria che confluisce nel depuratore a fondo valle e attraversa la contrada Cultrera dove si trova l’oleificio Guarino.Sulla sinistra incombe una grande cava e alle spalle si erge il monte Cammarata con le numerose antenne dei ripetitori. La discesa è stata allietata dai racconti delle esperienze fatte da Antonio quando faceva le guardie mediche in Aspromonte e dei personaggi straordinari che ha conosciuto, come Don Ciccio, inventore di un sistema capace di sfruttare la voce per produrre energia elettrica e di un pastore che aveva inventato un siero antitumorale con un procedimento altamente scientifico. Alle 10,15 abbiamo superato un breve guado e poco dopo, costeggiando un appezzamento di terreno chiuso da una rete, all’interno del quale pascolavano una cavalla con il suo puledrino siamo arrivati all’ingresso della Tenuta Barno, una grande azienda agricola zootecnica casearia con uno stazzo pieno di pecore, un paio delle quali imoegnate in un combattimento. Alle 10,27 abbiamo incrociato la vecchia strada PA-AG dove c’è un cartello della MVF che indica a destra la direzione per Acquaviva Platani distante 6,05 chilometri. Proseguendo per un paio di chilometri su questa strada, che a sinistra costeggia la ferrovia Agrigento Palermo e a destra una serie di grandi aziende agricole, siamo arrivati alle 11,00 al passaggio a livello in prossimità del quale ci sono i vecchi magazzini del sale della miniera di Sutera. Aspettando l’arrivo degli altri, Giuseppe ed Alberto hanno dato un’occhiata a quello che resta dei vecchi edifici,ormai fatiscenti e pericolanti. Interessante, da un punto di vista tecnico, la struttura con tutti i levismi dell’impianto di pesatura dei carri ferroviari. Superato il passaggio a livello e scavalcato il fiume su un ponte ci siamo immessi sulla strada statale 189 percorrendola per un brevissimo tratto e prendendo una ripida trazzera sul lato sinistro. Dopo un centinaio di metri, alla fine di un tratto in salita,alle 11,45,abbiamo perso la traccia, anche a causa di lavori di scavo per la posa di tubazioni di grosso diametro. Mentre Alberto seguiva in parte la trincea Giuseppe saliva perpendicolarmente lungo il fianco della collina e dopo una decina di minuti si vedevano distanti un centinaio di metri. Giuseppe quindi procedeva in direzione di Alberto, richiamando contemporaneamente, con ripetuti, acuti fischi “alla pecorara” l’attenzione di Marcello che a sua volta invitava gli altri a procedere sulle tracce di Giuseppe per ricongiungersi alla fine tutti nello stesso punto. Rassicurati da quanto un contadino che con un trattore stava arando un oliveto ha detto ad Alber, abbiamo proseguito su un sentiero aperto dal trattore che ci ha condotto sulla trazzera segnata. Alle 12,15 siamo arrivati al cimitero di Acquaviva, in contrada Michinese, a 338 m. s. l. m., distante poco più di un chilometro dal paese. Dopo una ulteriore salita siamo arrivati ad un fontanile dove abbiamo riempito le borracce e sostato per dieci minuti e finalmente, alle 12,55 siamo arrivati in piazza Giuseppe Plado Mosca, al centro del piccolo paese di Acquaviva, dove ci siamo fermati per pranzare con quanto acquistato a Cammarata e prendere il caffè nel bar della piazza.La proprietaria,una ragazza molto cordiale, dopo aver servito il caffè ci ha messo il timbro “Pub Antico Baglio” sulle credenziali. Nel bar c’erano diversi souvenir che ricordano l’Inghilterra e una fotografia della Regina Elisabetta con una scritta di vicinanza alla famiglia reale inglese. Puma (questo è il nome della titolare ) ci ha spiegato che il padre è cittadino inglese e molti paesani, negli anni settanta del secolo scorso sono andati in Inghilterra per lavoro ed hanno conservato un ottimo ricordo di quella nazione. Dopo la foto di gruppo sotto la torre civica ci siamo spostati ad una villetta situata alla fine del paese e distante poche centinaia di metri dalla piazza. Marcello ha prestato assistenza ad un ragazzo inglese che, insieme al padre sta facendo il nostro stesso percorso, che aveva una abrasione al piede. Arrivati alla villa comunale, abbiamo scavalcato la recinzione e, stesi sulle panchine, ci siamo riposati dopo l’impegnativa mattinata. Alberto, invece della siesta, ha approfittato di un abbeveratoio sulla strada per fare un tonificante e rigenerante pediluvio e alle 14:30 abbiamo ripreso il cammino. Dopo una decina di minuti di strada in salita siamo arrivati ad una cappelletta e poco dopo, alle 14,50,abbiamo scollinato. Il panorama è stupendo, sul lato sinistro si vedeva i paese di Mussomeli con il castello e, in lontananza, la cima dell’Etna innevata. Nella vallata si vedono una decina di
Via Francigena Primo giorno
20 aprile soleVia Francigena Primo giorno, da Messina a Cammarata 20 aprile 2024. Appuntamento alle 14,00 alla stazione. Presenti Marcello Aricó, Stefania Daví, Antonio Zampaglione, Carmelo Geraci. Giuseppe Spanó ci ha raggiunti sul treno per Palermo, partito in orario alle 14,32. Viaggio tranquillo, sul treno c’erano diversi ex alunni e colleghi di Carmelo che stavano andando a Palermo per imbarcarsi su una nave della Grimaldi per fare uno stage formativo. Arrivo a Termini Imerese in perfetto orario e preso il treno per Agrigento. Incontrata una simpatica donna proveniente da Asti, socia del CAI, che stava andando a trovare la Mamma a Campolongo, con cui il Presidente ha cominciato a parlare di itinerari fatti in Sicilia dalla nostra associazione e alla fine le abbiamo dato le spille della Re Colapesce e della attuale attività. La ferrovia corre tra dolci colline coltivate con estese coltivazioni di fichi d’india. Arrivati alla stazione di Cammarata /San Giovanni Gemini alle 18,00 circa. Fatta una breve consultazione e dopo aver parlato con l’autista del pulmino diretto al paese abbiamo deciso di fare la strada a piedi e alle 18,10 ci siamo messi in marcia lungo una vecchia trazzera che attraversa la campagna. La strada è in leggera salita, prima del ricongiungimento con la strada asfaltata ci siamo fermati a scambiare due chiacchiere con un pastore che stava riportando le sue 200 pecore all’ovile. Era un signore di 65 anni perfettamente in forma per l’attività fisica , che lavora per la Forestale e aiuta il figlio. Alle 19,50 siamo arrivati all’appartamento “Il balcone sui Sicani” situato quasi alla fine di una ripida salita in via Trojna 26 dove ci aspettava il proprietario, signor Giordano, che era stato continuamente in contatto con Giuseppe. Dalla stazione all’appuntamento percorsi circa 5,5 chilometri. L’appartamento è pulito e confortevole, ha due camere da letto e due bagni. In una camera hanno preso posto Stefania e Giuseppe e nell’altra Antonio e Marcello in un letto a castello e Carmelo e Alberto in un letto matrimoniale.Dopo esserci cambiati e rinfrescati siamo usciti per andare alla Pizzeria Santa Lucia dove aveva prenotato. Anche per raggiungere il locale la strada è in salita, si percorrere la via San Vito e si passa davanti la chiesa di San Vito, caratterizzata da una ripidissima scalinata di accesso. Abbiamo chiesto informazioni ad un gentile automobilista che si era mostrato disponibile a dare un passaggio ai più anziani del gruppo. La pizzeria prende il nome dall’acquedotto comunale che c ‘è nelle vicinanze. Abbiamo mangiato una ottima pizza, preceduta da vari antipasti, pagando un prezzo contenuto. La gentile proprietaria alla fine ci ha offerto un digestivo e siamo quindi tornati a casa. L’abitato di Cammarata si trova a 689 m s.l.m. di quota alle pendici di monte Cammarata (1578 m), indicato come la più alta vetta dei Sicani, in un territorio particolarmente boscoso. Il comune di San Giovanni Gemini è completamente incluso all’interno del territorio di Cammarata, di cui costituisce dunque una enclave.Il paese si sviluppa sul fianco della montagna e le case sono letteralmente arrampicate una sull’altra tanto da ricordare di notte un presepe illuminato. È tenuto molto bene, con strade strettissime e pulite, gli edifici, anche quelli visibilmente abbandonati conservano una loro dignità e non sono ridotti a ruderi. Ci sono diverse chiese, alcune risalenti al dodicesimo secolo. Per le strade non c’era quasi nessuno e tutto il paese è silenziosissimo. Nel territorio di Cammarata, tra i più vasti della zona, nasce e si sviluppa per un lungo tratto il fiume Platani, nonché suoi affluenti e altri torrenti. qui la raccolta delle foto che si arricchisce ogni ora
Happyrecola del 10 aprile 2024
Happyrecola del 10 aprile 2024 sul Sentiero Italia in Sicilia. Partecipanti: Marcello Aricò, Mario Sibilla, Carmelo Geraci, Antonella Zangla, Gabriella Panarello, Maria De Carlo, Fulvio Samperi, Saro Spadaro, Santinella Rotondo, Antonella Rotondo, Francesco Pagano, Mike Sfravara, Ciccio Briguglio, Angelo Salvo, Rosalba Cucinotta, Filippo Cavallaro, Ileana Padovano, Salvatore Rotondo Grazie alla profonda conoscenza di Mr. Google e dell’ing Geraci attivato il monitor. Presentazione di Marcello della relatrice, la professoressa Liliana Chillé anima del Cai Sicilia e profonda conoscitrice dei Sentieri Cai. La prima presentazione del Sentiero Italia è stata nel 2022, sponsorizzata dal Ministero del turismo per il cammino lento. Il percorso è stato pensato inizialmente, nel 1983,da un gruppo di giornalisti camminatori dell’Associazione Sentiero Italia e oggi è mantenuto in efficienza dai volontari del Club Alpino Italiano. Il tratto siciliano si sviluppa da Trapani a Messina, articolato in 37 tappe, per un totale di 630 chilometri. Il cammino parte dai Monti trapanesi e prosegue lungo le alture palermitane, i monti Sicani, l’altopiano carsico delle Madonie e le catene dei Monti Nebrodi e dei Peloritani, concedendosi una deviazione intorno al Monte Etna. Attraversa una serie di territori differenti tra loro che si contraddistinguono per le peculiarità che fanno vivere al viaggiatore i più variegati ecosistemi arricchiti di storia, cultura, colori, suoni e tradizioni differenti. Si è poi soffermata a descrivere la simbologia e la cartellonistica dei sentieri del CAI, il significato delle sigle che identificano il tipo di percorsi, la numerazione dei sentieri nei tre settori in cui è suddivisa la nostra regione etc. L’esposizione è stata chiara ed interessante, ma molti di noi si aspettavano un maggior dettaglio e un approfondimento delle tappe che formano il percorso Per il momento “Happy” Marcello ci ha fatto gustare le pagnotte che ha preparato, farcite in vari modi, con accompagnamento di bevande e colomba pasquale. Stasera non c’era nessuno della comunità greca, segno della fiducia di cui gode la nostra associazione.l