Scambio di auguri di Natale nella sede della comunità greca 18 dicembre 2024.Partecipanti: Marcello Aricò, Giusi Mandraffino, Manuela Scarcella, Salvatore Rotondo, Angelo Salvo, Daniela De Domenico, Giancarlo Foti, Gaetano Messina, Tonino Seminerio, Antonella Rotondo, Ciccio Briguglio, Francesco Pagano, Sebastiano Occhino, Gabriella Panarello, Giovanni Barbaro, Melina Morabito, Carmelo Geraci, Ileana Padovano, Nina Coiro, Mike Sfravara, Chiara Calarco, Antonella Zangla, Alberto Arena, Mario Sibilla, Paolo Bossa, Antonio Zampaglione, Rosalba Fera, Antonello Gemelli, Lucia Annunziata, Danila Castiglione, Franco La Maestra, Rosario Sardella, Patrizia Olivieri, Donatella Alber, Santinella Rotondo, Luisa Inferrera, Maria Grazia Freni, Caterina Ioffrida, Giuseppe Finanze, Giusi Quartaronello, Alessia Seminerio, Cettina Tricomi, Rossana Gardelli, Angela Paratore, Bruno Manfrè, Loredana Crimaldi, Eros Giardina, Katia Tribulato, Nando Centorrino, Angela Trimarchi, Liliana Chillè .Paolo Bossa ha portato due alberelli di Natale da lui realizzati in lamiera Corten, la cui patina rossatra li rende particolarmente eleganti, ed impreziositi dalle ceramiche di Francesca e Carmen Borgia , ed ha illustrato il suo impegno per la Fondazione Siciliana per l’Oncologia che opera all’interno del reparto di Oncologia Medica del Papardo, con il Presidente Prof. Adamo e la coordinatrice dell’attività supporto al paziente Oncologico Dott.ssa Cacciola.Con il ricavato delle vendite , devoluto interamente alla Fondazione, si acquisteranno creme, trucchi e parrucche per chi è in trattamento chemioterapico e non ha la possibilità di acquistare questi presidi. Presentazione di Marcello della bozza delle attività previste nel primo semestre del 2025 , che riprendono in parte le proposte fatte durante la festa d’autunno del 13 ottobre scorso. Oltre ai classici trekking ci sono gli Happyrecola, i Cu c’è c’è, i trekking notturni i tour urbani che permettono ad una vasta platea di soci di partecipare alle proposte per loro possibili o più congeniali.Ha elencato nuovamente le attività di lunga durata in cui siamo impegnati, a cominciare dal completamento del Sentiero mare- monte-mare , che ,dopo la mappatura e la realizzazione di un libretto esplicativo , verrà proposto, in primis, ai soci e poi a tutti gli interessati. Altre attività in itinere sono gli “Otto mille”,cioè la scoperta di otto cime dei Peloritani di altezza superiore ai 1000 metri e l’ARS Recolapesce una app che permette di inserire le foto di quadri di artisti messinesi o comunque presenti in chiese e altri edifici in città e provincia. Quando è arrivata la focaccia tutti i presenti l’hanno apprezzata, insieme ai dolci, molti dei quali preparati dai soci.Il brindisi finale ha suggellato una piacevole serata conviviale che è stata una occasione per rafforzare i legami tra tutti i soci e fare sentire l’ Associazione una struttura a servizio di tutti.I dolci in eccesso sono stati portati da Francesco e Antonella ai bambini di S.Antonio e sotto è riportato il messaggio postato il giorno dopo sulla chat da Francesco Cari amici dell’ASD Re Colapesce, Grazie a tutti per aver partecipato ieri al nostro incontro di Natale e per aver contribuito con i vostri dolci! La generosità di ciascuno ha reso l’evento davvero speciale. Dato che la quantità di dolci era superiore al necessario, abbiamo deciso di portare quelli in eccesso ai bambini di S. Antonio. Li hanno accolti con grande gioia e gratitudine. Un piccolo gesto che ha reso il Natale ancora più significativo. Grazie ancora a tutti e auguri di cuore!
Trekking a Pezzolo del 15 dicembre 2024
Trekking a Pezzolo del 15 dicembre 2024Appuntamento alle 8,00 all’Immacolata.Presenti: Marcello Aricò, Filippo Cavallaro, Carmelo Geraci,Rosalba Fera, Antonello Gemelli, Francesco Pagano, Antonella Rotondo, Ciccio Briguglio, Lucia Annunziata, Maria Cadili, Manuela Scarcella, Eros Giardina, Maurizio Inglese, Antonio Micali, Rosario Sardella, Sebastiano Occhino, Patrizia Olivieri, Alberto Borgia e due ospiti: Lucia Guarino e Nicola Guarino. Formazione degli equipaggi e partenza alle 8,10. Marcello e Carmelo sono andati a Giampilieri dove hanno lasciato le macchine e, insieme a Rosalba Fera sono tornati a Pezzolo dove li aspettavano tutti gli altri. Alle 9,15, sotto una leggera pioggia , ci siamo incamminati verso la ” prima calata” del secolare sentiero detto“a calata di Bettaci” tornato percorribile da alcuni mesi grazie all’impegno di una decina di giovani del paese che lo hanno ripulito dalla vegetazione che lo aveva invaso negli ultimi decenni e messo in sicurezza alcuni tratti con la realizzazione di gradini, passerelle, ringhiere in canne di bambù etc., rendendolo fruibile a tutti. All’ inizio del percorso , indicato dall’indice di una mano scolpita in un blocco di legno, c’è una antica carta geografica della Sicilia in cui è indicato anche il piccolo paesino di Pezzolo, a testimonianza dell’importanza del borgo nei secoli passati.Il sentiero, che attraversa il paesaggio collinare fino alla contrada Bettaci, era in passato una delle principali vie di collegamento per gli abitanti del villaggio per raggiungere gli agrumeti e le terre coltivate.Arrivati, dopo una mezz’ora di strada , all’inizio della “seconda calata” , abbiamo incontrato Gaetano Girasella, nativo di Pezzolo, professore di matematica e fisica in pensione, persona dalla vasta e poliedrica cultura e soprattutto appassionato ed esperto cultore di storia patria , che ci ha fatto da guida per il resto dell’ escursione, dandoci una gran quantità di informazioni, inframezzate da simpatici aneddoti riferiti a personaggi del paese, molti dei quali da lui conosciuti quando era bambino.Alle 10,10 siamo arrivati al torrente, pieno d’acqua, proveniente dalla sorgente di San Calogero, dove i nostri giovani accompagnatori, coordinati da Giuseppe Spuria, avevano sistemato pedane in legno per rendere agevoli i numerosi attraversamenti. Il professore Girasella ci ha spiegato in che modo, partendo dai materiali esistenti sul posto , con un pesantissimo e rischioso lavoro manuale, veniva prodotta la calce che serviva , mischiata alla sabbia e all’acqua, a preparare la malta.Si partiva dalle grandi rocce di carbonato di calcio, frantumate con l’impiego di cariche di dinamite o polvere da sparo, inserite in fori, lunghi un metro, praticati a colpi di mazza battuti su lunghi scalpelli.Le pietre ottenute a seguito dell’esplosione venivano disposte in ” caccare”, costruite sul posto, in modo da realizzare delle strutture semisferiche successivamente ricoperte da pietre di piccola pezzatura, mattoni e tegole. Su questa base si disponevano 120 fascine di legno povero, per un peso complessivo di quasi dieci tonnellate, a cui veniva dato fuoco.La combustione durava 24 ore e alla fine si otteneva ossido di calcio puro ( calce viva) che, mescolata alla sabbia che si trovava in quantità nel greto del torrente e all’acqua formava la malta usata per cementare i mattoni, portati dalle fornaci della zona, e le pietre di costruzione. L’ imponente ponte , che si presenta quasi all’improvviso,è costruito in pietra e mattoni e risale alla fine dell’Ottocento. È perfettamente conservato e faceva parte di un complesso sistema di irrigazione che alimentava gli agrumeti della zona.Non è stato trovato il progetto, ma il ponte è un vero capolavoro, e colpisce anche per il luogo in cui è stato realizzato.Ha due contrafforti in mattoni, ancorati sui due pendii, larghi due metri e alti cinque metri su cui grava un primo arco del diametro di dieci metri. Sopra a questo ci sono altri tre archi, di diametro inferiore e in alto il camminamento dove c’era il sifone che portava acqua da una sponda all’altra tramite una condotta realizzata con i ” caduzzi” (tronchi di tubi in coccio lunghi circa 80 centimetri, con estremità a maschio e femmina innestati in modo da ottenere una tubazione).L’altezza complessiva raggiunge i ventuno metri e il visitatore è colpito dalle dimensioni e dall’eleganza del manufatto. Il Professore ci ha raccontato vividi episodi relativi al duro lavoro dei contadini e al loro rapporto con i proprietari ( spesso una danarosa famiglia cittadina , Bettaci, Sollima, Crisafi, Langher , che aveva acquistato i terreni espropriati con le leggi eversive al monastero benedettino di San Placido Calonerò) a cui li legava un contratto detto ” a un terzo” che garantiva al proprietario due terzi del ricavato e un terzo al colono che però aveva l’obbligo di ” scugnari ‘u terrenu” , fare i muretti a secco, realizzare le rasole e portare la terra ” a nocciolo” cioè alle dimensioni non superiori di quelle di un nocciolo. In questo stato di pesante sfruttamento, quando la paga giornaliera di un bracciante consisteva in un secchio di limoni, c’era anche chi, con la complicità del sacrestano allungava la giornata lavorativa scandita dal suono delle campane.Il sacrestano , dietro compenso, suonava il Padrenostro a notte fonda , un quarto d’ora prima del dovuto, e quando il bracciante si accorgeva dell’inganno osservando la posizione della stella Venere , doveva sorbirsi questa imprecazione : ” CHI MMI HAVI MALANOVA ‘U SACRISTANU, C’HAVI QUAGGHIARI ‘U SANGU A IDDU, A SO MUGGHIERI E I SO FIGGHI.I SO QUATTRU FIGGHI FIMMINI C’HANNU ARRISTARI INTRA E HANNU ADDIVINTARI CHIU’ ACIDI DU ZZUCU DU LIMIUNI”.Alle 10,45,discendendo il torrente per un breve tratto siamo tornati alla confluenza con il torrente proveniente da Iaddizzi e risalendolo abbiamo raggiunto, intorno alle 11,10, i ruderi di un mulino ad acqua cinquecentesco. Questo mulino veniva utilizzato per la macinazione dei cereali raccolti in zona, ed era un punto di riferimento per l’intera comunità contadina della valle. È rimasto in funzione per quasi quattrocento anni, dal 1568, come testimonia la data scolpita su una pietra , fino al 1955 e il Professore ricorda l’ impressione che faceva , a lui ragazzino, l’ enorme ruota che girava a folle.La ruota in legno, con quindici raggi, aveva un diametro di sei metri e sessanta
Happyrecola del 11 dicembre 2024
Happyrecola del 11 dicembre 2024Emozioni delle traversate dello Stretto– Partecipanti Marcello Aricò, Salvo Rotondo, Ileana Padovano, Gianmichele Sfravara, Giancarlo Foti, Pippo Finanze, Maria De Carlo, Ciccio Briguglio, Mario Sibilla, Gabriella Panarello, Rosalba Cucinotta, Filippo Cavallaro, Angelo Salvo, un amico del relatore Nino Fazio. Inizialmente una presenza scomoda, grazie ad Aurelio, ha rischiato di vanificare l’incontro; risolti dopo intervento personale. Presentazione del relatore da parte del Presidente che ricorda che il primo incontro con Nino Fazio è avvenuto nel 1987 in occasione della sua traversata Vulcani Calava’. Da allora è nato un sodalizio di amicizia pieno di emozioni e avventure. Il relatore, per più di un’ora e mezzo, ci ha intrattenuti con un racconto appassionato. Ha ripercorso la storia delle traversate di cui si ha contezza e che dal 1930 hanno dominato la scena. Primo tra tutti un certo Dominici che all’età di 17 anni, accompagnato da una barca a remi, ha effettuato la prima traversata cronometrata. Via via un notevole impulso e’ stato dato dal gruppo dei calabresi che già dal 1949 hanno iniziato a organizzare gare con traversate di gruppo. Ha parlato dei vari protagonisti di quegli anni, e ha sottolineato la presenza monumentale di Nino Musciumarra, chiamato, non a caso, lo Squalo dello Stretto, che da allora ha formato decine di nuotatori e lui stesso è stato protagonista di numerose imprese. Delizioso aneddoto del 1963 per la partecipazione di una donna americana, Mary Margaret Revell, con una doppia traversata e che Nino è riuscito a rintracciare nel 2008 e con cui ha avuto dei rapporti epistolari simpatici. Negli anni ‘80 le organizzazioni calabresi si sono rivolte al nuoto pinnato e sono aumentate le traversate singole alla ricerca, anche, di battere il record che fece Giovanni Fiannacca nel 1975 con un tempo stratosferico di 30’ 50”. Record che resistette per circa 40 anni. Nino ha anche sottolineato che le performance dello Stretto non dipendono solo dal valore dell’atleta ma da una serie di componenti quali il barcaiolo, la lettura delle correnti, il vento, la pressione atmosferica ecc, perché lo Stretto,quasi nel suo unicum, e’ dominato dalle correnti (montante, dallo Ionio al Tirreno e dalla discendente che va dal Tirreno allo Ionio) in un continuo alternarsi dominato dalla luna. E ancora tante foto e tanti personaggi che sono stati i veri protagonisti degli ultimi 40 anni. Un accenno al nuovo record di traversata individuale ottenuto dal figlio di Nino, Andrea che in una splendida giornata ha fatto fermare il tempo in 30’ 06” e al record della doppia ( andata e ritorno) con 1 h 22’ 23” ottenuto da Nino stesso all’età di 49 anni, nel Settembre del 2010. Poi ha parlato delle traversate di gruppo che in questi ultimi anni hanno avuto un impulso notevole e come la sua organizzazione rivolge una attenzione particolare ai gruppi di disabili. Dal suo racconto trapelava la forte emozione con cui condivideva certi ricordi. Peccato per le poche persone presenti, perché per l’intensità e l’aneddotica, avrebbe meritato un pubblico più numeroso. L’Happy hour puntuale ci ha deliziato con polipo e patate bollite e una insalata di calamari, accompagnata da un buon vino bianco.Questo diario di bordo è stato redatto da Marcello Aricò
Trekking notturno del 6 dicembre 2024 a Musolino
Trekking notturno del 6 dicembre 2024 a Musolino.Partecipanti: Marcello Aricò, Carmelo Geraci, Giuseppe Finanze, Antonella Rotondo, Francesco Pagano, Teresa Freni, Angela Giuffrida, Sebastiano Occhino, Eros Giardina, Manuela Scarcella, Caterina Sartori, Chiara Calarco, Stefania Davì, Serena Policastro, Filippo Cavallaro, Angelo Salvo, Carlo Panzera, Rosario Sardella, Carmela Morabito, Giancarlo Ziino, Antonella Zangla, Maurizio Inglese, Salvatore Cingari, Matteo Lorefice (uno studente di Filippo)Appuntamento alle 20, 00 all’Immacolata, formazione degli equipaggi e partenza. Arrivo all’area attrezzata di Musolino , dove erano parcheggiati due camper, con turisti stranieri, alle 20,35.I ragazzi del camper hanno chiesto a Filippo se potevano restare lì parcheggiati e hanno voluto sapere dove saremmo andati. Lui ha risposto che quello spazio era fruibile e che il nostro trekking sarebbe stato su un percorso ad anello, prima in discesa e poi in salita per tornare lì dove avevamo lasciato le nostre macchine, accanto ai loro mezzi. È stata l’occasione per imparare che il termine inglese ” trekking notturno” non é night trek, come pensava Filippo, ma dark trek. Marcello e Carmelo si sono fermati sul posto ed hanno acceso il fuoco mentre gli altri si sono messi in cammino sulla strada provinciale in direzione Forte Ferraro. Francesco e Antonella, in ritardo sulla tabella di marcia, hanno raggiunto il nutrito gruppo dei camminatori, guidati da Carlo, lungo la strada. Marcello e Carmelo hanno nel frattempo apparecchiato i tavoli e preparato tutto prima del loro ritorno, riscaldando la pentola con i fagioli sulla brace del fuoco acceso in precedenza mentre per Il vin brulè si è utilizzato un fornellino a gas. Il tempo é stato fantastico, non c’era né freddo né vento, cielo stellato con uno spicchio di luna e con la luminosa bellezza della costellazione di Cassiopea sulle nostre teste. Alle 21,30 sono tornati i camminatori, che hanno fatto un percorso ad anello di circa tre chilometri. Matteo, che con Filippo, al buio, chiudeva il gruppo è stato incantato dai tanti funghi che sembravano rifrangere la luce lunare e si avvicinava ad ammirarli e fotografarli.Dopo un quarto d’ora, accomodati nei tavoli della Forestale si è potuta gustare la zuppa di fagioli con i crostini e il vino caldo, insieme ad una ottima torta di mele portata da Angela. Distribuzione delle spillette della attività e alle 22,30 rientro in macchina a Messina. Tutti i presenti, specialmente le new entry, hanno apprezzato la bella serata e la piacevole atmosfera di convivialità. In particolare Matteo é rimasto contentissimo e sorpreso perché tutto per lui è stato inaspettato, compresa la quota, decisamente economica per partecipare alla fagiolata. Questo diario di bordo è stato redatto sulla base delle informazioni ricevute da Carmelo , da Carlo e da Filippo.
Cu c’è c’è del 29 novembre 2024
Cu c’è c’è del 29 novembre 2024Appuntamento alle 16,30 davanti al liceo Scientifico Archimede. Partecipanti: Marcello Aricò, Filippo Cavallaro, Antonio Zampaglione, Mike Sfravara, Giancarlo Foti, Giuseppe Spanò, Stefania Davì, Carmelo Geraci, Rosario Sardella, Giancarlo Ziino, Ciccio Briguglio, Ivan Bolignani. Raggiunta l’entrata del ricovero antiaereo Cappellini passando sotto il ponte autostradale dello svincolo di Boccetta. Ad attenderci c’era il signor Angelo Caristi che dal 2015, dopo i lavori di qualificazione dei locali, durati tre anni, lo dirige con passione, competenza e dedizione con l’obbiettivo di non disperdere un patrimonio materiale di interesse storico e culturale che ha caratterizzato anche un periodo drammatico e travagliato della storia di Messina. Restando sullo spazio esterno la nostra guida ha raccontato la storia del ricovero , realizzato poco prima della seconda guerra mondiale a seguito di una circolare ministeriale del 1938 in previsione dell’imminente conflitto, che sarebbe divampato nonostante la conferenza di Monaco.Il criterio principale è che il bunker dovesse essere costruito lontano dal mare per evitare il cannoneggiamento navale e potesse resistere agli attacchi aerei, che però all’epoca non si consideravano probabili, vista la distanza dagli aeroporti francesi e l’autonomia operativa dei velivoli di allora. La localizzazione in questo luogo, a quel tempo periferico, è derivata dalla necessità di disporre di un ricovero per le autorità cittadine che , insieme ad altre istituzioni strategiche, Questura , Prefettura, Vigili del Fuoco, UNPA, si erano trasferite nell’adiacente Ospizio Cappellini in previsione di futuri bombardamenti aerei . L’Ospizio Alfredo Cappellini, fondato nel 1906 e ricostruito dopo il terremoto del 1908, ha fornito assistenza e ricovero all’infanzia povera e abbandonata di Messina, insegnando un mestiere ai giovani ospitati,fino alla metà degli anni sessanta del secolo scorso e dal 1969 ospita il liceo scientifico Archimede.Il signor Caristi ha diffusamente parlato di quanto accaduto prima dello scoppio della guerra e di quanto successo a Messina dall’inizio del conflitto fino all’armistizio.Nei primi due anni di guerra i bombardamenti inglesi avvenivano solo di notte, con aerei provenienti dalla loro base di Malta, che nella loro rotta di avvicinamento sorvolavano prima le città di Siracusa, Catania e Taormina per cui, se le tre città non subivano bombardamenti, era chiaro che l’obiettivo sarebbe stato più a nord e le informazioni arrivavano a Messina in tempo per permettere di dare l’allarme e consentire ai cittadini di raggiungere i ricoveri antiaerei cittadini. Dal 1941 al 1943 ci furono 600 bombardamenti, mirati a colpire le infrastrutture del porto, della ferrovia e altri obiettivi militari, risparmiando volutamente la città per non sprecare le bombe.Quando il fronte della guerra si spostò dal nord Africa e si estese a sud della Penisola, gli angloamericani cambiarono tattica e iniziarono a praticare i bombardamenti a tappeto con aerei provenienti anche da nord per cui non c’era tempo sufficiente a dare l’allarme. Inoltre la frequenza aumentò in maniera spaventosa: nel giro di sei mesi a Messina ci furono 2100 devastanti bombardamenti che causarono numerosissime vittime e la distruzione totale della Città. A causa della tipologia costruttiva degli edifici realizzati dopo il terremoto del 1908, i palazzi colpiti dalle bombe cadute dall’alto venivano sventrati , ma restavano in piedi i muri portanti che, ai ricognitori alleati, davano l’impressione che gli edifici fossero ancora integri e anche e soprattutto per questo motivo i bombardamenti furono così numerosi e continui.Dopo l’accurata descrizione sopra sinteticamente riportata, siamo entrati nel rifugio. La pianta della galleria presenta un lungo corridoio raccordato alle estremità a due tratti a forma di semicerchio, ognuna con una entrata.Questa forma permetteva di limitare i danni causati dalle schegge di bombe cadute nelle vicinanze e dallo spostamento d’aria, rallentando fisicamente e passivamente l’onda d’urto facendola tornare indietro insieme ai fumi, anche grazie a porte stagne parasoffio in acciaio.Lateralmente al corridoio sono ricavati dei vani, tra i quali gli uffici del prefetto, con un lettino in un angolo, e del podestà e l’infermeria di primo soccorso , con attrezzature mediche dell’epoca . Nella zona opposta erano ricavati i servizi igienici. Nel progetto originario era prevista la realizzazione di altri uffici che restarono sulla carta a causa dell’inizio delle ostilità. Il lungo corridoio del polo museale si snoda lungo un percorso dove si trovano , divisi per decennio, numerosi pannelli didattici che rievocano le successive tappe di evoluzione storica di Messina, con particolare riferimento al ventennio fascista con foto, articoli di giornale etc. La visita è molto interessante, grazie anche al supporto sonoro fornito da un registratore azionato dal signor Caristi che riproduce canzoni, musiche e discorsi relativi al periodo esaminato. La storia di Messina parte dal decennio 1900-1910 e arriva al decennio 1970-1980.Il pensiero di migliaia di persone che hanno convissuto per mesi, gomito a gomito, in promiscuità, in condizioni di spaventoso sudiciume, tra fetori insopportabili, pulci, pidocchi e cimici in questi spazi ristretti è difficilmente immaginabile.Il museo è in continuo allestimento , c’è un salone delle armi – che espone armi leggere e piccoli pezzi di artiglieria, uniformi ed equipaggiamenti da campo che vanno dai primi anni del 1900 allo sbarco anglo-americano in Sicilia del 1943 – una sala convegni e anche uno spazio adibito alla proiezione di materiale audiovisivo d’epoca. A causa della mancanza di tempo non abbiamo potuto vedere nessun filmato, quindi può essere interessante ritornare, magari nella stagione estiva, perché gli ambienti sono molto umidi.Antistante all’ingresso principale della struttura, un vasto spiazzo esterno ospita manifestazioni estive di diversa tipologia, quali concerti , convegni, dibattiti, attività culturali e rassegne cinematografiche.La visita è stata resa più piacevole e interessante anche grazie agli aneddoti raccontati dal vulcanico signor Caristi, come quello usato a Messina nel dopoguerra , dove , per definire una persona non particolarmente brillante si diceva “si un babbu ‘i l’UNPA” perché nella Unione Nazionale Protezione Antiaerea erano reclutati uomini che per età o altri limiti fisici o psichici non erano adatti al servizio militare attivo. Dopo la visita del museo, alle 18,30 ci siamo trasferiti al Birrificio Artigianale Zankle, sul viale Principe Umberto, distante poche centinaia di metri.La birreria, fondata nel 2022 punta all’utilizzo dei migliori ingredienti come il luppolo e il malto che rendono possibile la creazione
Happyrecola del 19 giugno 2024 IL MONDO DI ANTONELLO
Happy recola del 19 giugno 2024 nella sede della comunità Greca di Messina. Partecipanti: Marcello Aricò, Katia Tribulato, Gaetano Messina, Daniela De Domenico, Salvatore Rotondo, Ileana Padovano, Antonella Arena, Carlo Panzera, Ciccio Briguglio, Francesco Pagano, Antonella Rotondo, Filippo Cavallaro, Rosalba Cucinotta, Antonella Zangla, Gabriella Panarello, Maria De Carlo, Saro Spadaro, Alberto Borgia e altri non soci.Marcello presenta il dottor Micalizzi (che ha già tenuto un Happyrecola il 7 gennaio scorso), ricercatore e appassionato conoscitore di Antonello da Messina e delle sue opere che parlerà del mondo di Antonello e, in particolare, del quadro “La crocifissione di Sibiu”.Il dottor Micalizzi inizia dicendo che il dipinto è una tempera e olio su una piccola tavola di legno di pesco di 39 x 22,5 cm custodito in Romania: fino al 1948 fu conservato nella città di Sibiu, in Transilvania, e oggi è a Bucarest, al Muzeul Naţional Brukenthal.Venne portato in quella città a metà circa del 1800 dal governatore della regione, che probabilmente lo acquistò a Venezia dove si trovavano molte opere d’arte messinesi portate là da mercanti dopo il terremoto del 1783.E una delle prime opere di Antonello, tornato a Messina , dove si sposò con una bellissima donna, intorno al 1454-1455 dopo un periodo di apprendistato a Palermo e a Napoli.L’ambientazione è sul Golgota o Calvario, il luogo del teschio ( rappresentato in primo piano sotto la croce di Gesù). Secondo il simbolismo , il primo uomo, Adamo, che con il suo peccato aveva contaminato tutta l’umanità, fu sepolto sul Golgota e lì Cristo, il nuovo progenitore, con la sua morte ci leva dal peccato. Una digressione sul toponimo Calvaruso , che con il suffisso “uso” indica una caratteristica del luogo, che significa sabbioso, pietroso infatti a Calvaruso si trova la preziosissima pietra poliparia,un fossile formato da coralli pietrificati. Altro toponimo è Dinnammare, derivato da dinnammarion , luogo arricchito da una dortifica, così come quella che c’è sulla cima di Mistretta, dove c’era un principe normanno .Quest’opera , realizzata intorno al 1460 ,riprese iconograficamente i Calvari fiamminghi.In primo piano si vedono cinque piante , del tipo raffigurato nei quadri di quel periodo, si tratta del Tasso Barbasso o Verbasco, detto anche Candelaria perché dal suo fiore seccato si ricava un stoppino utilizzato nei lumini votivi.Ai piedi della croce si vedono Maria Maddalena, con i capelli lunghi ricadenti sulle spalle e con un vasetto di unguento , la Madonna, San Giovanni, Maria di Cleofe e Maria di Zebedeo.Gesù sulla croce ha una posizione composta , a differenza di altre opere del periodo successivo in cui la morte è rappresentata in tutta sua crudezza e tragicità. È da notare la ferita post mortem, da cui esce sangue e siero che cade in verticale senza sporcare il tessuto e arriva sulla gamba, ed ha una certa continuità con la ferita inferta precedentemente. Alla destra di Cristo c’è Disma , il ladrone pentito e a sinistra Gesta sovrastato da un uccello nero, forse un corvo.Entrambi hanno le mani legate in alto su un tronco e presentano sangue sotto le ginocchia. Ai condannati che tardavano a morire veniva praticato il crucifigio che consisteva nella frattura dei femori per accelerare la morte, ma questo non era noto ad Antonello che rappresenta invece la rottura della tibia.La morte in croce avviene verosimilmente per insufficienza respiratoria ed asfissia ed è evidente da come si presenta il torace gonfiato a botte, mentre l’addome e le viscere tentano di pompare sangue. Cristo e Cosma sono appena spirati, mentre Gesta è ancora agonizzante. Sono evidenti le mani nere di Cosma, particolare significativo in un quadro di così piccole dimensioni. Da notare il colore rosso dei capelli della Maddalena e di San Giovanni che rappresentano un elemento scenografico e iconografico tramandato nei secoli successivi almeno fino al 1700, quando si volle dare un aspetto diverso ai due perchè il capello rosso identifica una persona vivace e piena di spirito, tanto che anche ai nostri giorni si dice” chiddu pilu russu é”.Nella parte centrale del quadro Antonello rappresenta in maniera amabilissima, con grande zelo ed attenzione la sua città, ma non é una rappresentazione fotografica. Nel 1500 si usava rappresentare in un certo modo le città come “Gerusalemme celeste” , la città ideale, per ricordare quanto scrive Giovanni nel libro dell’Apocalisse quando parla di una nuova vita e un nuovo mondo. Questo quadro fornisce la più antica rappresentazione realistica della città di Messina, risalente al 1456È visibile perfettamente il Monastero basiliano del Santissimo Salvatore , rappresentato con molta precisione, , la torre di Sant’Anna, il Palazzo Reale, le mura normanne, la Matrice, la chiesa dei Catalani, il castello di Matagrifone, la torre della chiesa di San Francesco d’Assisi e la torre di San Raineri secondo una disposizione iconografica a chiocciola che si apre a ventaglio fino a perdersi nello spazio acqueo. Sullo sfondo è visibile l’isola di Stromboli,che prende il nome dalla sua forma rotonda, rappresentata come un triangolo equilatero.In effetti l’isola non è visibile da Messina, ma secondo una ipotesi, Antonello l’ha inserita perché ha voluto storicizzare e rendere noto il più carastrofico terremoto mai avvenuto in Italia, del 10/11°, che colpì in particolare la Campania e la Puglia nella notte tra il 4 e il 5 dicembre del 1456.A Messina non fece particolari danni, ma tutti gli abitanti , incluso Antonello, furono traumatizzati dall’ evento. In quella occasione il crollo in mare del costone nord occidentale dell’isola di Stromboli causò uno tsunami che distrusse il porto di Napoli. Secondo uno studioso polacco che nel 1966 esaminò il dipinto e notò una deformazione del supporto, come se fosse stato esposto alternativamente all’aperto, la tavola potrebbe essere stata la parte alta del gonfalone di San Michele dei disciplinanti di Messina, protettore dei terremoti, la cui chiesa era distante poche centinaia di metri dall’abitazione di Antonello, che lo dipinse dietro commissione pochi anni dopo il suo ritorno a Messina nel 1454.Dopo l’ interessante, colta e appassionata relazione, il Presidente, per la parte Happy, ci ha fatto gustare due diversi piatti di ottimo riso.
Happyrecola del 28 maggio 2024
Happyrecola del 28 maggio 2024 nella sede della comunità greca.Relatore Giovanni Cavallaro che parla degli alberi monumentali. Partecipanti: Marcello Aricò, Filippo Cavallaro, Rosalba Cucinotta, Francesco Pagano, Antonella Rotondo, Danila Castiglione, Franco La Maestra , Angelo Salvo, Katia Tribulato, Carmelo Geraci, Gaetano Messina, Daniela De Domenico, Antonella Zangla, Maria De Carlo, due colleghe di Filippo, Ciccio Briguglio, Salvatore Rotondo, Ileana Padovano.Presentazione delle attività svolte da Giovanni in qualità di Dirigente della Forestale e di Capo ufficio dell’ispettorato Ripartimentale delle foreste di Messina. Giovanni ha iniziato con una breve elencazione di alberi noti, ad esempio le Sequoie americane e l’Albero della vita, un baobab artificiale alto quarantaquattro metri, nel parco Disneyworld di Orlando, ha citato anche il Castagno dei cento cavalli a Trecastagni, sulle pendici dell’Etna , che ha la venerabile età di 1200 anni , é uno dei più grandi d’Europa ed è un vanto di tutta la nostra Regione.Successivamente ha trattato della legge n. 10 del 14 gennaio 2013 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani) che è quella che regola le modalità di identificazione e regolamentazione degli alberi monumentali che sono identificati con una scheda “personale”. La legge ha istituito per il 21 novembre di ogni anno la festa dell’albero e ha stabilito le azioni che devono fare i Comuni.Quando si parla di albero monumentale si intende qualcosa di vetusto, di grandi dimensioni etc. La legge dà dei parametri, tra cui, non solo la longevità, ma anche la capacità di vivere in ambiente ostile (vedi il platano di via Brasile).Esiste un elenco degli Alberi monumentali di tutta Italia con posizione georeferenziata.Per l’inserimento si considerano diversi elementi,il valore paesaggistico o storico, il pregio legato all’età e alle dimensioni (circonferenza del tronco, altezza, ampiezza e proiezione della chioma) , alla forma e al portamento (che sono alla base del loro successo biologico e anche all’importanza che ad essi è stata sempre attribuita dall’uomo nel corso della storia), il valore ecologico (si rileva solo per piante in particolari contesti botanici :in generale alberi vetusti tra i cui rami si è andata ad infittire una rete interconnessa di organismi che rende la pianta un unicum di biodiversità) , il pregio legato alla rarità botanica (albero che si trova in un habitat estraneo a quello tipico per esempio una palma in cima ad una montagna ), pregio legato all’architetura vegetale (si riferisce a particolari esemplari arborei inseriti in un progetto architettonico unitario che valorizza i manufatti umani, pregio storico culturale, religioso (legato alla componente antropologico culturale intesa come valore testimoniale di una cultura, della memoria collettiva, delle tradizioni , pregio paesaggistico.La monumentalità può essere anche riferita ad un gruppo di alberi come per Piano Pomo sulle Madonie.Per la selezione si parte da una segnalazione, anche del privato cittadino, che, utilizzando gli standard previsti, indica un particolare albero. Poi si fa un sopralluogo e l’amministrazione comunale predispone una scheda descrittiva e invia la documentazione a Palermo dove c’è una commissione che fa un decreto di riconoscimento.Il decreto n. 228 /2024 del 8 marzo 2024 ha inserito nove piante (a partire dalla 02/F158/ME/19 Ficus macrophylla che sono le cinque piante della Passeggiata a Mare ) e l’Araucaria della villa Mazzini che a una certa altezza ha il tronco che si divide in due , probabilmente per effetto di un fulmine. Ricapitolando si può dire che in città sono stati censiti i due maestosi Ficus macrophylla, il rarissimo Podocarpus e la storica Araucaria columnaris radicati all’interno di Villa Mazzini; il centenario Platanus di via Brasile; il Ficus all’interno del giardino di Palazzo Piacentini; il Cupressus a dimora a Santa Lucia Sopra Contesse; e il filare di n.8 ficus macrophylla affacciati sul mare dello Stretto nel piazzale Batteria Masotto ( che Giovannichiama “il siepone). Inoltre, sono in corso di istruzione, le pratiche per inserire un altro gruppo di alberi ricadenti sia su suolo pubblico che privato tra i quali, lo storico ficus all’interno dell’ex Villa De Gregorio; alcuni esemplari di pregio botanico e storico all’interno del Cimitero Monumentale; e i due ficus “abbracciati” all’interno dell’ex Fiera.Quando un albero viene dichiarato monumentale non è più possibile effettuare alcun tipo di potatura o altro intervento, fatti salvi gli abbattimenti, le modifiche della chioma e dell’apparato radicale per casi motivati e improcrastinabili, dietro specifica autorizzazione comunale, previo parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato.Dopo l’ interessante presentazione, intervallata da continui scambi di simpatiche battute tra il relatore e il Presidente che si conoscono da più di mezzo secolo, c’è stata la parte Happy con le tre tipologie di couscous preparate da Marcello che hanno incontrato il favore di tutti quelli che li hanno gustati. ———— Messaggio inoltrato ———— DA: amcba@libero.it A: amcba@libero.it, DATA: 3 Dicembre 2024 10:03:13 UTC OGGETTO: 1000065130 (2048×1439)
Happyrecola del 27 novembre 2024
Happyrecola del 27 novembre 2024 sulle Sirene Presenti: Marcello Aricò, Francesco Pagano, Antonella Rotondo, Ciccio Briguglio, Stefania Davì, Gabriella Panarello, Mario Sibilla, Rosalba Cucinotta, Carmelo Geraci, Daniela De Domenico, Luisa Inferrera, Gianfranco Anastasio, Giuseppe Finanze, Teresa Freni, Mike Sfravara, Carlo Panzera, Ileana Padovan, Salvatore Rotondo, Paolo Scarcella, Giancarlo Foti,Angelo Salvo, Katia Tribulato, Milena Zaffino, Alberto Borgia, Patrizia Olivieri,Antonella Zangla. Questa serata ci sarebbe dovuto essere Salvatore Settineri a parlare di Schopenauer, ma si è infortunato ed è sostituito da Filippo Cavallaro. Per comunicare il cambio di programma Marcello aveva postato questo messaggio, piuttosto criptico, che non tutti hanno capito: CARI AMICI DURANTE UN DIALOGO MOLTO ACCESO SULLA SOLITUDINE TRA SCHOPENHAUER E UNA SIRENA, QUESTA HA AVUTO LA MEGLIO E DOPO AVER INTONATO UNA CELESTIALE MELODIA IL NOSTRO SCHOPENHAUER SI E’ ADDORMENTATO E SI RISVEGLIERA’ IL 12 FEBBARIO 2025. DISPIACIUTA E PREOCCUPATA PER IL NOSTRO ARTHUR HA DECISO DI SOSTITUIRLO MERCOLEDI’ 27 NOVEMBRE 2024. SPERIAMO CHE NON CI AMMALII CON IL SUO CANTO. SPERIAMO NEL TRITONE DI TURNO CHE RIUSCIRA’ A DOMARE. Filippo parlerà delle Sirene nel Mito, nella Storia, nella letteratura, nei film e nella realtà. Nel mito le Sirene erano creature mezzo donne e mezzo uccelli, con una bellissima voce melodiosa e appaiono nella leggenda degli Argonauti, un mitologico gruppo di circa 50 eroi che, sotto la guida di Giasone, compì l’avventuroso viaggio a bordo della nave Argo, fino alle ostili terre della Colchide alla riconquista del vello d’oro. Anche loro rischiavano di essere ammaliati dal loro canto ,ma a bordo c’era il cantore Orfeo che vince nel canto contro le Sirene. Isaac Newton data il mito nel 937 a.C., mentre Robert Graves afferma che il nucleo della leggenda degli Argonauti è veramente esistito datando tale epopea nel corso del tredicesimo secolo a.C., prima della guerra di Troia tra il 1250 ed 1184 Secondo un grammatico latino le Sirene erano tre: una cantava, una suonava il flauto e l’altra la lira e sarebbero vissute prima a Pelorias ( Capo Peloro) e poi a Capri, a Marina Piccola, dove c’è lo scoglio delle sirene, adescando i marinai con i loro canti melodiosi. Le Sirene erano: Aglaope – splendida voce Telsiepia – incantatrice Pisinoe – mente per persuadere Secondo la tradizione pseudo-esiodea Partenope – quella che sembra una vergine Leucosia – quella che ha candide membra Ligea – la melodiosa dalla voce incantevole erano ancelle della dea Persefone (figlia di Zeus e Demetra) e furono mutate in uccelli da Demetra che le punì per non aver aiutato la loro compagna di giochi Persefone quando Ade (dio degli inferi) la rapì mentre insieme a loro stava cogliendo fiori, trascinandola all’Averno. Leucosia si arenò a Castellabate, Ligea vicino a Lamezia Terme e Partenope a Castel dell’Ovo. A Napoli c’è una lapide in una chiesa e in piazza Sannazzaro c’è una fontana con una Sirena. Nella storia dell’Odissea Ulisse ascolta il canto melodioso, ma non si fa irretire perché si è fatto legare all’albero della nave mentre il resto dell’equipaggio si è tappato le orecchie per non sentirle. Ancora la Sirena ha il corpo di donna e uccello. Nella letteratura la Sirena è stata spesso rappresentata: Andersen nella favola del 1837 definisce la Sirena mezza donna e mezzo pesce, tirandola fuori da personaggi della mitologia germanica. Curzio Malaparte, nel suo controverso libro ” LA PELLE”,messo al bando nel 1950 dal Sant’Uffizio, racconta episodi della seconda guerra mondiale tra cui quello in cui i Napoletani vendono la sirena agli americani e nella scena madre del film di Liliana Cavani viene servita una grottesca sirena bollita con contorno di maionese. L’idea di mettere in maionese Partenope, la leggendaria fondatrice di Neapolis, è un colpo di genio, perché fa di quell’ essere con due nature, la metafora destabilizzante di una città che ha il disincanto negli occhi e l’ iperbole sulle labbra e di un popolo che ha l’esagerazione nel genoma. Nei film di animazione “La sirenetta” del 1989 , Ariel , la protagonista femminile, è la settima figlia del re Tritone e della regina Atena in un regno sottomarino di tritoni, sirene e animali intelligenti chiamato “Atlantica”. È basata sul personaggio del titolo della fiaba di Andersen, ma è stata sviluppata in un personaggio diverso per l’adattamento del film. Elisabetta Moro ricorda la presenza delle sirene all’interno dei circhi equestri in voga nell’Ottocento come quello Barnum, che portò alla ribalta una strana creatura ritrovata nelle isole di Figi nel 1842, ritenuta una presunta sirena. Il successo di questi spettacoli incontrava nel pubblico quella curiosità per l’esotico che in quegli anni si andava sviluppando, rafforzato anche, su un piano scientifico, dalla nascita dei primi musei etnografici. Noterelle finali Da secoli le sirene popolano fiabe e leggende di mezzo mondo. La sirena metà donna e metà uccello, la vediamo raffigurata sui vasi greci, a descrivere le imprese degli Argonauti e di Ulisse, mentre con il canto ammalia i naviganti nei pressi di Scilla e Cariddi. Vinte prima da Orfeo e poi da Ulisse decisero di affogarsi nel mare. Da allora vengono raccontate come creature metà donne e metà pesce continuando ad essere protagoniste dei racconti fantastici del passato, di film e storie per bambini nell’era moderna. Partenope, una delle sirene che furono beffate da Ulisse, è la protagonista dell’ultimo film di Paolo Sorrentino, ed è considerata la fondatrice della città di Napoli. Esiste una patologia rara, la Sirenomelia comunemente nota come “sindrome della sirena”, ovvero una malattia molto pericolosa che colpisce il feto durante la gravidanza e che provoca la fusione delle gambe tra loro. Questo rende il neonato come una sirena ma tale malformazione è associata ad altre a carico delle strutture renali e dei genitali. Filippo ha concluso dicendo che pochi giorni fa a Messina c’è stata la possibilità di sentire in diretta una sirena. Si tratta di Benedetta De Luca, salernitana, avvocato, attivissima sui social, autrice di “Una vita da sirenetta”, che convive fin da piccola con l’agenesia del sacro, malattia rara che purtroppo la costringe alla sedia a rotelle. Si è data una missione
Trekking autunnale sui Nebrodi – Il diario di bordo
Trekking autunnale dei Nebrodi del 24 novembre 2024, da case Mangalaviti al lago Biviere di Cesarò.Appuntamento alle 7,00 all’Immacolata. Partecipanti: Marcello Aricò, Carmelo Geraci, Katia Tribulato, Angelo Salvo, Mike Sfravara, Stefania Davì, Serena Policastro, Sebastiano Occhino, Caterina Sartori, Manuela Scarcella, Tonino Seminerio, Carlo Panzera, Giuseppe Spanò,Alberto Arena, Giovanni Barbaro, Carla Tignino, Rosalba Fera. Giuseppe Spanò imbarcato successivamente. Raccolta delle quote per contributo alle spese di viaggio e partenza alle 7,05.Arrivo a Rocca di Caprileone alle 8,00 dove abbiamo fatto una sosta per fare la colazione al bar.Alle 8,40 nuovamente in strada , alle 9,05 arrivo alla curva con indicazione San Basilio, cascata del Catafurco. Alle 9,13 arrivo a Portella Gazzana e alla strada per le Rocche del Crasto.Alle 9,20 arrivo all’ area attrezzata di case Mangalaviti, a 1250 metri di quota, dove finisce la strada asfaltata e inizia la sterrata. Parcheggiate le macchine in uno slargo vicino ad un grande e bellissimo abbeveratoio del 1905 intestato al Cav. Bernardo Garamazza.Qui abbiamo incontrato Francesco Previte e Rosario Sardella con i suoi amici Giancarlo Ziino e suo figlio Bartolo con la sua ragazza Claudia Kachine.Partenza alle 9, 35; la strada è per un lungo tratto in leggera e continua salita, in certi brevi punti con pendenza intorno al 15%.Ci siamo immersi nel regno incontrastato del faggio, che domina la dorsale a partire dai 1200-1300 m di quota , attraversando una delle piu’ belle faggete dei Nebrodi, il Bosco di Mangalaviti, con alberi maestosi e secolari . Alle 10,40 abbiamo incrociato, a Portella Scafi, a quota 1460 metri, a quattro chilometri dalla partenza, la pista principale della dorsale dei Nebrodi .Proseguendo a destra , sul sentiero 301 in direzione Portella Femmina Morta, in leggera e costante discesa siamo arrivati dopo circa un’ora in vista del Biviere, attraverso radure, boschi di faggio e bei panorami. Il percorso si snoda tra spettacolari faggi su facile sterrata ricoperta da un tappeto uniforme di foglie marroni. Un branco di cavalli che pascolavano tranquillamente al bordo della strada dava la sensazione di completa armonia tra la natura dei luoghi.I colori dell’autunno, con le varie tonalità di giallo e arancione, il verde intenso dei tassi e degli agrifogli con le bacche di rosso brillante, quello più chiaro dei prati,che si stagliavano sullo sfondo del cielo terso e azzurro dipingevano una quadro di una bellezza struggente. Alle 12,00 siamo arrivati ad una chiusa, bloccata con una catena e un lucchetto, che abbiamo superato strisciandoci sotto.Passando tra le mucche che ruminavano placide in uno scenario da cartolina bucolica , siamo arrivati sulle rive del lago Biviere che rappresenta la zona umida d’alta quota di maggior valore naturalistico della Sicilia.Oltre agli stupendi boschi che lo contornano, presenta una ricchissima flora acquatica e costituisce un punto di riferimento per numerose specie di uccelli acquatici, sia stanziali che migratori che trovano rifugio tra le isole di canne e che abbiamo potuto ammirare durante il sollevamento in volo con il tipico volo radente. Alle 12, 40 sosta per il pranzo su un prato con alle spalle l’Etna innevato e fumante.Carlo e Alberto hanno costeggiato la riva sul lato nord del lago fino ad arrivare, alle 13,15 alla portella Biviere, a 1283 mslm, con le indicazioni per lago Maulazzo e Portella Femmina Morta, distanti, rispettivamente un’ora e mezza e due ore e mezza da qui.Da questo punto panoramico si gode, da un lato, una splendida vista sul mare Tirreno, di un eccezionale blu intenso, con le isole Eolie perfettamente visibili e sulle massicce Rocche del Crasto e dagli altri l’ imponente mole dell’ Etna innevato e di monte Soro, coperto di boschi, con le grandi antenne dei ripetitori.Al lato della sterrata, presa per tornare alla chiusa , sulla cima di un grosso albero completamente secco era appollaiato un giovane grifone che abbiamo fatto volare per poterlo fotografare.Arrivo di Carlo e Alberto alle 13,30, dopo circa un chilometro, al luogo dell’appuntamento con il resto del gruppo. Mentre eravano fermi per pranzare, è passato un ragazzo con un grosso zaino in spalla con cui i due hanno scambiato qualche parola. Il giovane si chiama Nicola ed è uno svizzero che sta attraversando l’Italia a piedi .È arrivato fino a Roma percorrendo la via Francigena e da lì verso sud sta seguendo il Sentiero Italia per arrivare fino alla sua meta a Marsala.Gli abbiamo chiesto le sue impressioni e ci ha risposto che l’Italia e la Sicilia sono bellissime.Pensare che sta percorrendo migliaia di chilometri da solo in terra incognita suscita sentimenti di ammirazione e rispetto, misti a una certa positiva invidia per tanta fiducia ed intraprendenza.Quando è arrivato Marcello gli abbiamo regalato la spilla della associazione Re Colapesce che ha molto apprezzato. Alle 14,00, dopo la foto di rito, il grosso del gruppo ha preso la via del ritorno percorrendo la stessa strada tra i boschi , mentre , dopo circa un chilometro, Carlo, Sebastiano, Marcello e Alberto hanno imboccato un sentiero che li ha portati sulla cresta con affaccio sull’Etna e poi su una strada che si ricongiunge a Portella Scafi, dove siamo arrivati alle 15,30.Il resto del percorso non ha presentato nessun problema, l’arrivo alle macchine all’ imbrunire è stato scaglionato dalle 16, 20 in poi.Alle 17,00 partenza per rientrare a Messina , con arrivo intorno alle 18,45.Escursione di circa 15 chilometri, perfettamente pianificata dal bravo Carlo, su un percorso di incomparabile bellezza in una luminosa giornata autunnale di sole , con temperatura insolitamente mite per questa stagione, sui nostri poco conosciuti e valorizzati Nebrodi. QUI tutte le foto della fantastica giornata
Trekking notturno del 15 novembre 2024
Trekking notturno a Ciaramita del 15 novembre 2024.Appuntamento all’Immacolata alle 20,00.Partecipanti: Marcello Aricò, Giuseppe Finanze, Teresa Freni, Chiara Calarco, Rosario Sardella, Antonio Zampaglione, Giovanni Sorte, Anna Costalunga, Franca Esposito, Ciccio Briguglio,Carlo Panzera, Filippo Cavallaro, Alberto Borgia. A Ciaramita, dove abbiamo parcheggiato le macchine, ci aspettavano Carmelo Geraci e Francesco Previte, poi sono arrivati Donatella Alber e un suo amico.Partenza alle 20,35 imboccato il sentiero Italia e lenta camminata sulla sterrata che costeggia il torrente Ciaramita , illuminata da una splendida luna piena. Dopo circa un chilometro abbandonato il sentiero che conduce prima a Monte Tidora e poi a Monte Ciccia e presa la deviazione a sinistra che dopo un paio di chilometri, passando dentro un boschetto di querce da sughero, arriva a forte San Jachiddu. Costeggiati ( a sinistra) i ruderi di un grande ediificio e ad una curva a destra, presa una deviazione in direzione del mare e percorsi un centinaio di metri arrivo al punto panoramico con la croce, alle 21,30.Cena al sacco con vista sullo spettacolare panorama dello Stretto e del porto. Consegna delle spillette e alle 22,00 presa la via del ritorno. Arrivo alle macchine alle 22,50.Serata autunnale ancora non particolarmente fredda. Percorso complessivo andata e ritorno circa 4,2 chilometri. Escursione facile e alla portata di tutti apprezzata dai partecipanti per la piacevole atmosfera.